Phantom Handshakes – No More Summer Songs

Francesco Amoroso  per TRISTE©

“Finally I saw that worrying had come to nothing.
And gave it up. And took my old body
and went out into the morning,
and sang.”
(Mary Oliver – I Worried)

Snoopy, questa volta nei panni di “Bracchetto scout”, si è perso durante un’escursione e viene salvato da Loretta, una buffa girl scout che vende biscotti (“Ottimi Biscotti!“). Finalmente di nuovo sdraiato sul tetto della sua cuccia, è redarguito da Charlie Brown che gli dice: “Come hai fatto a perderti se avevi la bussola? Non sapevi che quella enne vuol dire Nord?“. “Pensavo volesse dire “Nessun Posto”” replica desolato Snoopy.
Suppongo che, in originale, il “nessun posto” fosse un semplice (e più efficace) “Nowhere”.

Rileggendo in questi giorni (pubblicate sul Post) queste strisce, sono rimasto colpito dalla loro involontaria attualità. Non è difficile immaginarci nei panni di Snoopy, persi da qualche parte e convinti che la bussola riesca solo a indicarci “Nessun posto”, un non luogo che, anche qualora riuscissimo a raggiungerlo, probabilmente ci farebbe sentire ancora più persi di prima.

I non luoghi sono sempre più presenti (sempre che un’assenza si possa dire presente) nella nostra vita e nella nostra cultura: sono quelli dove compriamo le cose, dove scambiamo le nostre opinioni, ci teniamo in contatto con gli altri e, a volte, sono quelli dove riusciamo a sviluppare le nostre idee e le nostre attitudini.
L’incontro artistico tra Matt Sklar e Federica Tassano è avvenuto nel non luogo che tutti questi non luoghi contiene: la rete.
Pur vivendo entrambi a Brooklyn, e avendo condiviso il palco con le rispettive band (Parrot Dream e Sooner) i due si sono “incontrati” dopo che Sklar ha pubblicato un annuncio su Craigslist alla ricerca di una cantante per alcune canzoni che aveva scritto. Tassano ha risposto, e da allora, dopo una virtuale (o fantasmatica) stretta di mano è nato il duo Phantom Handshakes.

No More Summer Songs, il loro esordio sulla lunga distanza, arriva a meno di un anno dall’EP Be Estranged ed è un album che, al pari della storiella di Snoopy appena raccontata, riesce ad essere perfettamente attuale e centrato pur senza volerlo.
Un lavoro che arriva da un non luogo (Matt e Federica non si sono ancora mai incontrati di persona, a quanto pare), che utilizza una negazione come titolo, annunciato da un singolo che si intitola No Better Plan e che, tuttavia, è tutt’altro che un’affermazione di nichilismo o di mancanza di speranza.

Basta ascoltare l Worried, il brano di apertura dell’album, il cui testo è tratto da una magnifica e disarmante poesia di Mary Oliver, per comprendere come i Phantom Handshakes siano capaci di usare la musica come una cura contro le paure, le insicurezze, le preoccupazioni e il dolore.

La musica di Federica e Matt nasce ed esiste in quel (non) luogo dove il dreampop, il jangle pop, l’indie pop e il pop senza alcun prefisso si incontrano con le sonorità e le ritmiche degli anni 80. Un posto molto frequentato di recente ma da cui, di solito, scaturiscono più o meno riuscite (spesso meno) rimasticature delle delizie dei Cocteau Twins o dei Sundays, con poche idee, senza alcun fascino o personalità.
I Phantom Handshakes fanno qualcosa di molto diverso: innanzitutto scrivono canzoni (e che canzoni!) e poi le immergono in quel sognante ed etereo paesaggio sonoro.
Provate ad ascoltare No Better Plan e a non convenire che sia una canzone perfetta, con il suo riff di chitarra immediato e sinuoso e la voce di Federica che canta un ritornello destinato a rimanerti per sempre in testa, oppure passate a Cricket Songs, canzone estiva – nonostante il titolo dell’album – e piena di nostalgia, colonna sonora della controra immersa in un sole abbacinante, o, ancora, lasciatevi trasportare da A Secret Life con le sue chitarre che flirtano con i Brighter e la Sarah Records e un arrangiamento che non impallidisce di fronte a Robert Smith e ai suoi Cure, o abbandonatevi a Skin, brano talmente leggero ed etereo da risultare quasi impalpabile e che, invece, continua a persistere anche molto tempo dopo l’ultima nota.

Altrove sono le foschie (quelle provocate dalla calura, piuttosto che le fredde nebbie del nord) a saturare i solchi (virtuali anch’essi, visto che l’album fisico, per ora, è disponibile solo in cassetta) di No More Summer Songs, come nell’ipnotica e brillante All that Could Burn, nella più cupa e sognante Sweet Dry Raw o nella cinematica ed evocativa This Shade, ma
quale che sia il registro scelto da Matt e Federica, quali che siano i loro punti di riferimento, è la loro straordinaria capacità di confezionare canzoni adorabili, accattivanti e dolcemente malinconiche a rendere No More Summer Songs un lavoro coinvolgente e persuasivo.

Che le si possa definire canzoni per l’estate o meno, gli undici brani firmati Phantom Handshakes compiono un piccolo miracolo: partendo da un non luogo ci permettono di chiudere gli occhi e viaggiare in lungo e in largo, trasformando quel nowhere (indicato da una grande N nera sulla bussola di tutti noi) in un anywhere.
Da nessun posto a ovunque.
Canzoni come queste non dovrebbero andare perdute.

2 pensieri su “Phantom Handshakes – No More Summer Songs

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