Peppe Trotta per TRISTE©
È spiazzante come a volte il desiderio di consapevolezza, la voglia di scavare dentro di sé per (ri)trovarsi possa portare ad una maggiore apertura verso l’ambiente che ci circonda e le persone che lo abitano. Strano ma in fondo perfettamente logico visto che siamo anche riflesso del mondo che viviamo. Un tale duplice moto che coniuga intimismo e voglia di proiettarsi verso l’esterno è alla base della secondo uscita discografica di Natalie Jane Hill pubblicata a distanza di un anno dal convincente esordio Azalea.
Solely ripropone la formula di un folk viscerale imperniato sul picking florido che richiama la tradizione britannica – Drake è certamente uno dei riferimenti rintracciabili – e soprattutto sulla vocalità calda ed enfatica della giovane songwriter di base ad Austin.
Sarebbe però errato pensare di trovarsi di fronte ad una copia dell’album precedente vista la maggiore ampiezza di argomenti affrontati e il ricorso ad una tavolozza espansa che include numerose collaborazioni.
Determinante infatti risulta l’apporto dato dal nutrito gruppo di musicisti coinvolti, in particolar modo quello di Jason Chronis a cui è affidata anche la produzione del disco.
Da tale sinergia scaturiscono combinazioni armoniche raffinate ottenute attraverso arrangiamenti di archi, tastiere e percussioni sotto forma di innesti misurati ma imprescindibili. Le sfumature sinuose delle pedal steel di Mat Davidson e Bob Hoffnar, così come le risonanze luminose del vibrafono di Chronis conferiscono una ricchezza cromatica ammaliante alle trame fluide di Euphoria e Little Teeth, mentre il dialogo serrato con il violoncello dona una prospettiva nuova ai rimandi naturalistici – centrali nel lavoro di debutto – di If I Were A Willow.
Traspare costante una maturità musicale inattesa in qualità di espressione di un momento di transizione personale, una profondità a tratti umbratile (Plants And Flowers That Do Not Grow Here, Pretty View) che riporta alla mente la grazia dolente della Alela Diane di About Farewell.
A dispetto della sua aura introspettiva, delle tribolazioni interiori da cui scaturisce, Solely scorre via con la voluttuosa leggerezza che solo un animo limpido sa trasmettere in modo così disarmante. Un delicato inno alla bellezza del vivere.
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