Francesco Amoroso per TRISTE©
Dove eravate voi nel 1990? Io non mi ricordo bene. Avevo vent’anni ed evidentemente ero troppo preso dalla mia vita e da me stesso per rendermi conto di tutto quello che mi accadeva intorno. Ricordo che ci sono stati i mondiali di calcio in Italia. Ricordo anche la rapida disgregazione del blocco sovietico e la riunificazione delle due Germanie. Con una certa angoscia, mi ritorna in mente l’invasione del Kuwait da parte dell’Iraq di Saddam Houssein e l’operazione Desert Storm, avviata da George W. Bush (padre) ad agosto, mentre mi trovavo sull’isola di Ponza e, quando tutti gli altri dormivano, ebbri di sole, cibo e “amore”, mi attaccavo alla radio per sentire il telegiornale della mezzanotte nella speranza che si trattasse solo di una guerra lampo. Ho rimosso dalla memoria la fine del PCI e la nascita del “Partito Democratico della Sinistra” e mi è rimasto impresso l’omicidio della povera Simonetta Cesaroni, sempre in quel luminoso agosto che per me rappresentava uno dei primi passi, gioiosi e pieni di speranza, nella mia vita adulta e che, invece, è stato, evidentemente, tragico e crudele.
Eppure la cosa che ricordo in maniera più vivida è la trasmissione radiofonica che avevo iniziato a condurre per alcuni pomeriggi alla settimana, su una piccola emittente privata che faceva fatica a coprire con il proprio segnale tutta la sperduta provincia pontina.
Si chiamava… “L’Attimo Fuggente” e mi divertivo a trasmettere tutto ciò che scoprivo sulle riviste musicali inglesi e che, poi, riuscivo a reperire nei negozi di dischi romani.
Trasmettevo il primo singolo degli Slowdive e quello degli Swervedriver, Sliver dei Nirvana e A Catholic Education, il rumoroso esordio dei Teenage Fanclub. E trasmettevo anche le canzoni della Sarah Records, convinto di essere l’unico in Italia e, magari, non ero neanche l’unico nella provincia di Latina.
In quel 1990 ricchissimo di musica, di gioventù e di amore, trasmettevo alla radio (e non potevo fare a meno di saltellare scompostamente ogni volta che lo facevo) anche I Fell In Love Last Night e Our Love Is Heavenly, i primi due singoli di una band inglese di cui non sapevo nulla ma che, poiché erano usciti per la Sarah Records, avevo acquistato a scatola chiusa.
Si chiamavano Heavenly e di loro la cosa che mi stupiva di più era il coraggio sfrontato nell’essere melodici e brillanti senza la minima preoccupazione di suonare fuori contesto o alla moda.
Solo più tardi, probabilmente all’epoca dell’uscita dell’esordio della band di Oxford, Heavenly Vs. Satan, fui in grado di reperire più informazioni, scoprendo che gli Heavenly si erano formati dalle ceneri dei Talulah Gosh nel 1989, tentando di sposare l’energia e l’attitudine punk con l’influenza dei girl groups degli anni ’60.
Tra il Grunge e l’ascesa del Brit Pop (cui, non a caso, quasi tutti i musicisti del giro Sarah si riferivano con il termine, vagamente dispregiativo, Lad-Rock) l’esordio di una band con una front woman e che faceva della melodia il proprio cavallo di battaglia, non poteva non risultare spiazzante.
Eppure, lontano dalle beghe di cortile della stampa inglese, che definiva, in maniera machista e dispregiativa, la loro musica come twee e non degnava Heavenly Vs. Satan di grande attenzione, mi ero innamorato di quella verve, della voce cristallina, spensierata eppure pungente di Amelia Fletcher, dei ritmi veloci ma mai frenetici delle loro canzoni, del loro romanticismo esplicito e pieno di autoironia. Così come gli Heavenly ignoravano scientemente e con attitudine punk, l’ambiente sempre più maschilista della scena britannica dell’epoca -insieme a tante altre band dell’etichetta Sarah Records- io ne ignoravo la dirompente forza politica e mi lasciavo trasportare dalle melodie chitarristiche di Cool Guitar Boy e Shallow.
Heavenly Vs. Satan era, per me, ventenne con la testa spesso tra le nuvole, solo l’espressione di un’esuberanza amorosa, di una vitalità straripante, che, tuttavia, non corrispondeva a quella di tanti coetanei, la cui attività principale era quella di spruzzare testosterone in giro, appena se ne presentasse l’occasione.
Per me, maschio, bianco, eterosessuale di provincia (la questione cis era molto lontana allora dalle nostre menti semplici) non era facile trovare il coraggio di esprimere e lasciare trasparire il mio fragile romanticismo, il mio disagio rispetto a tutto quanto fosse macho e brutale e, forse più in maniera inconscia che esplicita, Amelia Fletcher e compagni e il loro femminismo poco aggressivo, mi davano una valvola di sfogo importante.
Gli Heavenly avrebbero dimostrato, anche grazie ai loro legami con la scena riot grrrl, che l’essere politici e punk non doveva necessariamente corrispondere con l’essere brutti, sporchi e cattivi. E maschi.
Allora -e negli anni subito successivi probabilmente- non sapevo molto di quell’album d’esordio che, comunque, continuavo a consumare sul piatto del mio stereo, ma mi bastavano quelle chitarre, quella voce e quelle melodie.
Guardandolo (e ascoltandolo) a distanza di oltre trent’anni mi rendo conto che Heavenly Vs. Satan era un album pop nel senso più puro e vero del termine.
Amelia Fletcher, Cathy Rogers, Mathew Fletcher, Peter Momtchiloff e Rob Pursey avevano preso le canzoni dei Talulah Gosh, sommerse da rumore e impeto punk e ne avevano tirato fuori le melodie, grazie a una sezione ritmica (Mathew alla batteria e Rob al basso) puntuale (che, a quanto pare, dal vivo prendeva il sopravvento), alla chitarra jangle elegante e meticolosa di Peter e alle armonie… celestiali di Amelia. Invece delle canzoni immediate e brucianti del passato, gli Heavenly, sempre più consapevoli del loro talento, stavano iniziando a scrivere brani più articolati e multidimensionali e non è un caso che tutte le canzoni che compongono l’album durino ben più dei canonici tre minuti (ad eccezione della velocissima It’s You, il brano più Talulah Gosh del lotto).
Gli Heavenly erano una band twee, con buona pace di coloro che davano a questa espressione un significato negativo. Erano twee perché la loro forza risiedeva nel loro imbracciare la propria debolezza come un’arma. Un’arma, però, si badi bene, non destinata a offendere, ma a rispettare, a onorare. Nei loro testi si onoravano l’amore, la fiducia, il dolore, l’imbarazzo e l’insicurezza: tutti sentimenti e sensazioni che non sono mai stati di moda e che, probabilmente, mai lo saranno.
E, poi, quale band dell’epoca (e anche delle epoche successive) poteva vantare una canzone come Shallow nel proprio repertorio? Una progressione di chitarra jangle che fa venire in mente i primissimi Cure, un ritmo semplicissimo ed efficacissimo e un testo che esprime l’essenza dell’adolescenza e spezza il cuore con due frasi “Singing your praises/ While you’re with her/ Foolishly patient for your return/ Silent you left me/ And silence stays.“
Anche i dischi successivi della band di Oxford continuarono a conservare lo stesso brio, lo stesso impeto e la stessa solida impostazione “politica” e, nel momento in cui gli Heavenly si sciolsero bruscamente, nel 1996, quando il batterista Mathew Fletcher si tolse la vita, la stessa attitudine si ritrovò nei più delicati Marine Research e si riconosce, indelebile, nei The Catenary Wires di Amelia Fletcher e Rob Pursey.
A distanza di trentadue anni (!) le canzoni degli Heavenly suonano ancora attuali e hanno ancora qualcosa da dire, perché le idee e i sentimenti che esse veicolano sono ancora importanti. Sono, anzi, imprescindibili in un’epoca ormai sempre più caratterizzata dal sopruso e dal cinismo.
Heavenly Vs. Satan è invecchiato benissimo e suona ancora fresco, esuberante, pieno di grazia, moderno e unico e non può che essere salutata con grande simpatia e favore l’idea di Amelia e Rob di ripubblicarlo per la loro etichetta Skep Wax, insieme al resto del catalogo Heavenly (Le Jardin de Heavenly arriverà nell’estate del 2023, The Decline and Fall of Heavenly e Operation Heavenly nel 2024. Gli album includeranno anche un libretto in formato 7 pollici con testi e nuove note di copertina dei membri della band).
La ristampa Skep Wax di Heavenly vs Satan include i primi due singoli usciti per la Sarah Records (I Fell In Love Last Night/Over And Over e Our Love Is Heavenly/Wrap My Arms Around Him) e sarà una buona occasione per tutti coloro che amano e hanno amato quello che, in maniera semplicistica e un po’ sminuente, definiamo indiepop, per fare un sublime salto nel passato o per colmare una -grave e imperdonabile- lacuna.
Ascoltiamo gli Heavenly e diventiamo (o ritorniamo) persone migliori.
Pingback: Le firme di TRISTE©: Francesco Amoroso racconta il (suo) 2022 | Indie Sunset in Rome