Theory Of Ghosts – EP1

Francesco Amoroso per TRISTE©

Music won’t save you from anything but silence/ Not from heartbreak, not from violence

Let’s shut the lid on this/ Let’s move this rock and seal this cave/ ‘Cos this show has over-run/ I am done, I am done, I am done/ I’d rather stick a sword in my eye/ Than go through this again/ I am moving to Alaska/ I am moving to the moon/ But you never get/ No, you never get/ Closure
(G. Johnson)

Nonostante sia uno dei miei parolieri preferiti di sempre, non sono d’accordo con Glen Johnson quando afferma che la musica non possa salvarti da nulla fuorché dal silenzio. A me la musica mi ha sempre salvato da tutto (pleonasmo voluto), forse anche dai numerosi danni che la musica stessa mi ha causato.
Perciò, nonostante un caro amico abbia preso a prestito il verso per dare il nome alla propria webzine, reputo che questa considerazione sia semplicemente il tentativo da parte di un artista fin troppo sensibile di mostrarsi cinico per non risultare fragile e indifeso. Tentativo malriuscito (seppur riuscitissimo dal punto di vista della metrica e musicale) perché (al pari dell’ I Don’t Love Anyone dei Belle And Sebastian) dimostra sostanzialmente il contrario.

Che Glen Johnson sia un artista sensibile, del resto, non credo possa esserci alcun dubbio e i due decenni di attività dei suoi Piano Magic ne sono una dimostrazione lampante.
La conclusione di quell’esperienza (ma – e Johnson stesso ne era consapevole – una conclusione, una chiusura definitiva, non ci sarebbe mai potuta essere) aveva lasciato in tanti un grande vuoto, colmato solo in parte dalla pubblicazione in compagnia di Cédric Pin di The Burning Skull, di Ombilical a nome Textile Ranch e di Isotech, secondo album di Future Conditional (cui hanno collaborato anche Bobby Wratten e Beth Arzy).

Ora, a sei anni da Closure, è un po’ come se il fantasma dei Piano Magic fosse tornato a infestare i nostri sogni: Theory Of Ghosts è la band che ne raccoglie il testimone non solo perché il nome del progetto deriva da una delle loro canzoni più significative (tratta da Disaffected), non solo perché il gruppo è formato da Johnson e da Franck Alba, che dei Piano Magic è stato forza propulsiva per molti anni, ma soprattutto perché è la prima volta che Johnson ritorna a suonare con una band, abbandonando la “cameretta” e i suoi strumenti elettronici.
Il primo parto del trio, completato da Robert  Hervais-Adelman (guarda caso anche lui un franco-inglese) alla batteria, è un ep di una ventina di minuti, semplicemente titolato EP1, che, in quattro brani, che sono sviluppo di quell’estetica e di quelle sonorità, contiene tutta la magia della band madre e qualche notevole spunto di evoluzione.

Più caldo e fiducioso degli ultimi lavori dei Piano Magic, Theory Of Ghosts EP1 si apre con la magnifica When The Rain Stops: un’ode a Parigi nella quale risuonano tutti gli elementi che ci avevano fatto adorare la band madre.
E’ Parigi nella sua versione fredda e invernale a essere la protagonista del brano, con le strade immancabilmente bagnate dalla pioggia, la sua cristallina bellezza un po’ retrò e quell’aura romantica e decadente che si sposa alla perfezione con il cantato malinconico di Glen, il moderato uso del violoncello e le chitarre che definirei post-punk, se nel frattempo il termine non fosse diventato abusato.
Brillante, quasi smithsiana sia nelle sonorità che nello sviluppo narrativo, When The Rain Stops si sviluppa, nei suoi quasi sei minuti, giocando su cambi di ritmo e atmosfera, e giustapponendo immagini di cupo romanticismo (“In the garden of the chapel/ When the rain stops/ A catalogue of roses/ Bow their heads like widowed brides/ A priest removes a bookmark/ And a soldier steps outside“) con passaggi di malinconica felicità (“It’s all picture postcard perfect/ And I cannot tell a lie/ If you told me this was heaven/ Then I would gladly die/ If you told me this was heaven/ I would just lay down and die“), finché non è proprio il suono della pioggia che cade a mettere fine alla composizione.

Nell’elegantissima Actresses Who Sing, acida e sofisticata al punto giusto, nella quale chitarra, basso e batteria si combinano mirabilmente e in perfetto equilibrio, si può trovare il primo indizio evidente di distacco dal passato, soprattutto grazie al testo pieno di tagliente ironia (“Well, I’m not one to judge/ My star has long burnt out/ I’ve had my fifteen minutes/ Well, five or thereabouts” “But me, I bought your album/ And I played it more than twice/ And from one artiste to another I offer this advice:/ When you get to album two/ Do what the fuck you want to do“), mentre Got To Let Some Light Into My Life, semplice e diretto nella costruzione, è un brano efficacissimo: con schiettezza e trasporto (e il sapiente utilizzo della philicorda) parla di timidezza e depressione senza mai cadere nel patetico e, anzi, offrendo un barlume di speranza (“I told my neighbour of my plight/ That I can’t tell the day from night/ He said, “Those curtains, they’ve been closed too long/ Black dog, be gone, be gone”/ Got to let some light into my life/ Or the darkness, it will come“).

Leaves Upon The Breeze chiude l’ep (che pare avrà un seguito nel giro di pochi mesi) su atmosfere più oscure e tormentate, con un drumming quasi marziale, chitarre distorte e la immancabile (e sempre espressiva) voce malinconica e desolata di Glen Johnson che, pur senza la disperazione del passato, indirizza le sue parole a una ex che ha trovato il tempo di andare, anche se fugacemente, ad assistere a un suo concerto (“There is nothing in my repertoire/ That will keep you in this room/ My music is a sinking ship/ My voice, a lead balloon/ But thank you for coming/ I am cheered on by the thought/ That you bought yourself a ticket/ When you really should not ought“).

In meno di venti minuti i Theory Of Ghosts riescono a rievocare con maestria le atmosfere tanto care a chiunque abbia amato i Piano Magic e ci fanno intuire che il futuro potrà essere ancora foriero di novità e bellezza, grazie al ritrovato anelito di Glen Johnson a condividere pensieri, riflessioni, sentimenti e ricordi, nel suo modo unico, malinconico e poetico.
Del resto era stato lo stesso Glen ad avvertirci che non avremmo mai trovato una chiusura.

Music will save you.

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