Cicada – Seeking The Sources Of Streams

Peppe Trotta per TRISTE©

Alla luce di una contemporaneità fatta soprattutto di problematiche sociali e ambientali, guerre e pandemie non sorprende ritrovarsi di fronte a tante produzioni crepuscolari, spesso decisamente inclini a plasmare atmosfere distopiche. Il nero profondo, le ombre nette, il rumore e la dissonanza sono elementi a dir poco dominanti, ma fortunatamente a ogni regola corrisponde almeno un’eccezione. 

Nel caso della musica d’ambiente – particolarmente intrisa di toni plumbei – una realtà spiccatamente di segno opposto è rappresentata dall’attività di Flau, label con sede a Tokyo promotrice di itinerari sonori variegati accomunati da un’estetica onirica, orientata a costruire universi melodici confortevolmente luminosi. In tale contesto si inserisce la ricerca dei Cicada, ensemble di Taiwan formatosi nel 2009 e intento dal 2013 alla creazione di vere e proprie rappresentazioni aurali del paesaggio dell’isola.

Seeking The Sources Of Streams nasce da una prolungata esplorazione del territorio montuoso alla ricerca delle fonti da cui scaturiscono i torrenti, un viaggio alla scoperta dei segreti della natura che diviene navigazione introspettiva guidata da una ritrovata armonia con l’ambiente. È un flusso emozionale che assume la forma di narrazioni acustiche di durata ed intensità variabile, coagulate attorno ai fraseggi cristallini di Jesy Chiang – compositrice alla guida del progetto – il cui pianoforte segna lo sviluppo della trama senza mai prevaricare l’insieme di archi e chitarra, a cui si sommano per la prima volta strumenti a fiato e percussioni.

Quel che si dischiude a partire dal frammento brioso di Departing In The Morning After Rain è uno scenario che coniuga l’arioso romanticismo modern classical dei Balmorhea e il folk trasognato dei Padang Food Tigers. La costruzione armonica dal sapore bucolico alterna movimenti rapidi contraddistinti dall’onomatopea prodotta dal suono dei legni (Birds And Moist Pine Needles) o da percussioni gentili (Raining on the Tent), a composizioni più articolate che si espandono mettendo in mostra tutta l’abilità del collettivo nel dosare pause e ripartenze, danze vivaci e distese elegiache. Mirabile in tal senso è il tocco impressionistico che struttura la title-track, così come risalta la vena malinconica di Remains of Ancient Trees, interamente incentrata sul dialogo tra la leggerezza degli arpeggi di chitarra e l’enfasi delle tessiture struggenti degli archi. Tutto è equilibrio e la musica scorre con delicatezza disarmante riecheggiando il moto inarrestabile di corsi d’acqua preziosi in cui riflettersi per ritrovare la pace interiore.

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