28 Aprile 2013, a pochi giorni da una deadline importante, ricevo in anticipo un dono che mi aiuterà a finire il progetto. Time Stays, We Go altro non potrebbe essere definito se non un regalo.
A distanza di un paio di anni dall’ultimo EP Troubles of the Brain, ritornano i The Veils, band capitanata da un Finn Andrews in grandissimo spolvero. Il primo feeling che si prova ascoltando questo disco, infatti, è che il leader abbia trovato quella libertà artistica tale da assecondare la propria maturità acquisita.
Nell’album pare che Andrews abbia deciso di assimilare suoni ed influenze di band come Beirut (“Turn From The Rain“) o addiruttura Chris Isaak (“The Pearl”), e di averli fatti suoi, in un modo che suona originale e svela una “soul” sottotraccia come forse non mai nella storia della band.
La splendida ed introspettiva “Candy Apple Red” – una canzone perfetta per un film di Tarantino – prepare il campo ad un pieno di canzoni memorabili come “The Sign of Your Love“, “Train with No Name” o l’incalzante “Through the Deep, Dark Wood“.
Ecco che dopo le prime 9 canzoni in scaletta arrivi alle ultime due già con un sapore dolce in bocca e non ti aspetti due capolavori del genere. Premessa: come già detto in precedenza, io non so resistere al fascino dei fiati nelle canzoni pop.
“Another Night on Earth“, che paga forse omaggio alla canzone di Nux Vomica, sembra uscita dritta dal catalogo Beatles con quell’armonia di strumenti e melodie come solo i 4 di Liverpool sapevano fare.
Il colpo di grazia arriva con “Out From the Valley & Into the Stars” che, con una personalissima interpretazione, reputo una metafora del loro essere usciti allo scoperto, cuore e cervello, ed essersi preparati a raggiungere il livello che gli compete: quello delle stelle.
Voto 8. Da top 5 2013.

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