E’ stata una settimana faticosa. Una settimana stancante. Non solo perchè ho messo finalmente in atto il buon proposito di iscrivermi (ed andare, cosa non necessariamente conseguente) in palestra, ma anche per lavoro ed impegni vari.
Tra questi ultimi, Mercoledì scorso vi è stata la “piacevole fatica”, insieme agli amici di Unplugged In Monti, del live di Neil Halstead e Daniel Martin Moore per una nuova data delle nostre #ChurchSessions.
Ma quando un concerto lo organizzi tu non è che te lo godi proprio fino in fondo (quasi per niente?). Per questo il giorno successivo ho cercato di rimediare.
Giovedì era a Roma Omar Moctar, il chitarrista Tuareg conosciuto come Bombino. Era nel cuore di Roma, nel centralissimo Teatro Quirinetta (a due passi dal Parlamento e da Fontana di Trevi), a portare ancora in giro il suo ultimo lavoro, quel Nomad (2013) che l’ha definitivamente consacrato in tutto il mondo come uno dei più interessanti (il più interessante?) chitarristi sulla piazza.
Se Agadez è stato il disco che l’ha fatto conoscere, Nomad è quello che ha portato Omar ad un pubblico più vasto: e te ne accorgi dalla eterogeneità dei presenti in sala e dalla grande aspettativa del pubblico, curioso di vedere “il Jimy Hendrix del deserto”.
Che con Jimy Hendrix, a mio avviso, abbia in comune “solo” la classe infinita alla chitarra (cosa non da poco, direte voi), è un altro discorso. Bombino non tradisce le attese e regala uno spettacolo unico. Coinvolgente e trascinante anche per chi, come me, non è certo un appassionato di chitarristi virtuosi.
Ed è proprio questa sua capacità di andare oltre alle proprie straordinarie abilità con lo strumento che rende Omar Moctar un vero fenomeno: mai inutilmente lezioso, sempre coinvolgente e ritmato, ma soprattutto capace di trasmettere dal primo all’ultimo momento una carica incontenibile.
Se il live inizia con un breve set acustico, dopo pochi pezzi Bombino e i suoi ottimi musicisti cambiano posizione e con la bellissima Azamane Tiliade accendono il pubblico. Da qui in poi sarà un continuo crescendo di chitarre e suoni incalzanti, in un continuo mescolarsi di occidente ed Africa.
Perchè proprio questo è quello che caratterizza tutta la produzione di Bombino: aver mescolato la propria traduzione culturale alla musica di quei chitarristi che ha da sempre ascoltato e visto come riferimento (Hendrix, sì, ma non solo).
Il risultato è davvero sorprendente, come soprendente è l’intensità di tutto il live: un continuo gioco di suoni e chitarre, da cui fuoriesce un Bombino sempre divertente e divertito nel sentire la risposta del pubblico.
Se non avete mai visto un live di questo artista, fatelo al più presto. Non ve ne pentirete. E anche la fatica accumulata in una dura settimana scivolerà sulle note della sua chitarra.