È sempre nell’equilibrio tra gli opposti che si crea una dimensione speciale capace di sorprendermi e farmi invaghire.
La compresenza di luci e ombre, l’agrodolce, l’alternanza di morbido e scabroso sono da sempre fonte di seduzione alla quale non sono capace di resistere.
Impossibile è stato quindi resistere al fascino del secondo lavoro di Julia Lucille.
Una voce eterea e sognante quella della musicista texana che farebbe presagire immediatamente ad un cantautorato essenziale fatto di sussurrate parole e suadenti melodie declinate in modo intimo, un universo diametralmente opposto all’immaginario di spiriti sotterranei evocati dal titolo del lavoro (Chthonic appunto, vedi qui).
In realtà la vocalità flessuosa e leggera di Julia sa adattarsi ed espandersi con personalità seguendo evanescenti fughe oniriche (Eternally, Let’s Climb Up on the Car) ed energiche e vibranti tessiture folk (Plot of Ground, Lie and Wait), trovando solo a brevi sprazzi l’accompagnamento di minimali trame chitarristiche che riportano ad una dimensione più solitaria e scarna (I Don’t Think I Can, Beneath the Spring).
Non quindi l’ennesima interessante autrice in un mare sempre più vasto, ma un’artista dotata di una cifra stilistica brillante da seguire con attenzione.