Cinque anni in questi tempi frenetici sono tanti, forse troppi.
Ma tanti ne sono passati dall’ultimo disco di Sharon Van Etten, Are We There.
E se prima per l’appunto “eravamo lì”, nei territori new folk al femminile americani, ora dove siamo?
Decisamente in altri lidi, a partire dalla produzione di John Congleton che sa molto di St. Vincent, prendendo in prestito la batteria sintetica e pesante che, come negli anni 80, configura un certo pop “intelligente” e moderno che gira tanto negli ultimi anni.
Un disco quindi che vira decisamente su atmosfere più sintetiche rispetto alle precedenti opere della Van Etten e mai scelta fu più giusta. Perché questo nuovo approccio funziona, a partire dalla confortevole opening I Told You Everything che comincia con la cara vecchia accoppiata pianoforte voce per poi farsi avvolgere da feedback e droni, l’evanescente e meravigliosa Memorial Day, il piccolo anthem Comeback Kid (forse la migliore del lotto), il singolo naif Seventeen e l’ossessiva e ipnotica Jupiter 4.
Remind Me Tomorrow è uscito presto ma già si staglia come un disco importante per questo 2019 che senza dubbio dividerà la critica. Ma Sharon ha avuto il coraggio di cambiare, senza avere la certezza che questo nuovo approccio e queste nuove sonorità potessero catturare la sua fan base, per di più dopo così tanto tempo dal disco precedente (e l’attesa, come dicevo all’inizio, di questi tempi pesa).
Come sarebbe stato un altro disco “classico” di Sharon Van Etten? La curiosità di risentire queste tracce riarrangiate in modalità “nuda e cruda” è tanta (un po’ come ha fatto, vedi un po’, St. Vincent con l’ultimo disco), ma altrettanta curiosità c’è nel vedere dove arriverà una delle cantautrici più rappresentative dei nostri tempi.
Non ci deluderà.
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