Francesco Amoroso per TRISTE©
Lungi da me introdurre l’argomento Sanremo su queste pagine. Tuttavia è stato inevitabile, in questi giorni, leggere della polemica che ha accompagnato le affermazioni di un sedicente cantante italiota il quale ha affermato che “la voce maschile è più armoniosa e gradevole rispetto a quella femminile” e che “le voci femminili aggraziate, belle, dolci sono sicuramente poche, molte di meno di quelle maschili”.
L’affermazione mi ha lasciato basito. Ho pensato alle incredibili voci femminili che in tutti questi anni hanno definito i miei ascolti, facendomi sognare, cullandomi, caricandomi, raccontandomi tanto di loro, di me stesso e del mondo in cui viviamo.
A prescindere dalla qualità, dal vigore e dalla melodiosità della loro voce (categorie che ormai si usano per giudicare un artista, maschio o femmina che sia, solo nel belpaese) sono senza dubbio le donne che negli ultimi anni hanno regalato, soprattutto in ambito cantautorale, le maggiori soddisfazioni.
La loro voce, diventata sempre più presente e forte, sta caratterizzando il tentativo della nostra civiltà di evolversi e sta combattendo (anche per tanti uomini) una battaglia dura e difficile contro l’oscurantismo e la voglia di un ritorno al passato misogino e maschilista di una parte consistente della società occidentale. Mai come in questi anni sono state le donne a portare innovazione, forza, bellezza e verità nella musica.
L’australiana Julia Jacklin ha esordito nel 2016 con “Don’t Let The Kids Win”, un promettente lavoro di folk rock che parla in maniera schietta e ironica delle difficoltà di crescere e di confrontarsi con il mondo adulto. Il suo nuovo album, “Crushing”, invece, è un’opera decisamente adulta e consapevole nella quale la musicista australiana riscopre se stessa e gli aspetti della sua personalità che ha sacrificato durante una difficile lunga relazione sentimentale.
Il rapporto con il proprio corpo (un corpo cui dare priorità, rifiutandosi di cederne la proprietà a chicchessia) e il modo che lo stesso ha di atteggiarsi a seconda degli spazi che gli vengono concessi è il fil rouge che lega tutte le canzoni dell’album.
La voce di Julia (a proposito di voci) è roca e profonda, registrata in modo da far udire anche il respiro e i sospiri, e rimane sempre chiara e perfettamente intellegibile. E’ una scelta fondamentale perché la Jacklin vuole raccontare se stessa, vuole aprirsi all’ascoltatore, evitando metafore e giri di parole.
Il primo impatto è un bel pugno nello stomaco: “Body” è l’inizio di una fine. La consapevolezza della fragilità e dell’infantilismo del partner porta la protagonista del brano a prendere decisioni drastiche e a tornare in città per riprendere indietro il proprio corpo. Ancora il corpo è protagonista in “Head Alone”, nella quale Julia tenta di spiegare a un partner troppo “materiale” che puoi amare qualcuno senza usare le tue mani. “Pressure to Party”, nonostante il suo ritmo e la grintosa chitarra, è una riflessione amara sull’impossibilità di assecondare la pressione sociale e uscire a divertirsi quando si ha il cuore spezzato.
Il coraggio di provare sentimenti ed esporsi è evidente anche nelle numerose ballate che compongono soprattutto la seconda parte dell’album: “Don’t Know How to Keep Loving You”, lungi dall’essere una canzone strappalacrime su un amore finito, racconta con la consueta audacia la difficoltà materiale di uscire da una relazione ormai giunta al capolinea, sia per le implicazioni materiali che per quelle affettive che questa scelta implica. La tristezza e il rimpianto di “Comfort” sono la perfetta conclusione di un album sincero e sentito che mostra, senza paura o vergogna, la complessità e la fragilità umana di una giovane donna che deve fare i conti con se stessa e deve ogni volta essere più forte degli uomini per rimanere in piedi nonostante i colpi che arrivano, inevitabilmente, dalla vita.
Sarebbe davvero importante che chi sminuisce la voce delle donne (che sia in ambito musicale o in qualsiasi altro campo) avesse l’opportunità di ascoltare Crushing che, insieme alle decine di altri lavori, usciti in questi anni e scritti da artiste giovani o meno giovani, avvenenti o meno, fragili o forti, è un’ulteriore dimostrazione di quanto il nostro futuro e la rinascita di una speranza (anche flebile) in questa oscurità che ci circonda possa essere solo affidato a loro.
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