Cassandra Jenkins – An Overview On Phenomenal Nature

Francesco Amoroso  per TRISTE©

“La sofferenza è forse l’unico mezzo valido per rompere il sonno dello spirito”
(Saul Bellow: “Il re della pioggia”).

Cassandra Jenkins è una musicista di Brooklyn, nata e cresciuta in una famiglia di musicisti. Quando era bambina seguiva i suoi genitori sulle navi da crociera (e chissà se avrà pensato: “È una cosa divertente che non farò mai più”).
Ha imparato a suonare la chitarra da piccola e prima dei dodici anni era già in tour con la famiglia a presentare i classici del folk e del country.

Per un po’ di tempo, dopo essersi diplomata in una scuola di design nel Rhode Island ha lavorato come assistente editoriale per il New Yorker. Poi ha deciso di ritornare al suo vecchio amore e ha definitivamente intrapreso la carriera musicale.

Nel 2013 ha inciso un e.p. e, quattro anni dopo, ha fatto uscire il suo primo album “Play Till You Win”, una raccolta di brani country ben fatti, arricchiti da una sezione di archi e di fiati (di quell’album parla con affetto, ma senza troppa convinzione: “Un disco di cui vado orgogliosa, ma condizionato dalla mia mancanza di spontaneità“).
Nel frattempo ha suonato il banjo in un gruppo d’archi di sole donne, ha suonato il basso per Eleanor Friedberger, ha cantato con Kevin Morby e Craig Finn (degli Hold Steady). A un certo punto, si è trovata a collaborare con otto diverse band, mentre lavorava anche come insegnante.

Un’onesta e preparata artigiana della musica, insomma, soddisfatta del proprio lavoro, per lo più all’ombra di artisti più affermati.
Ma, come ci insegnano il cinema e la letteratura, basta un battito di ciglia e tutto può cambiare.
Alla fine dell’estate 2019, Cassandra viene invitata a unirsi al tour dei Purple Mountains di David Berman. Grande ammiratrice del lavoro di Berman (e chi, con un po’ di sale in zucca, non lo è?) non ci ha pensato due volte, ha cancellato i suoi programmai e ha iniziato le prove per un tour di tre mesi.
A tre giorni dalla partenza del tour, però, Berman si è tolto la vita e, quel gesto disperato, quella scelta drastica, presa per porre fine a una sofferenza incomprensibile e inimmaginabile ha cambiato (anche) la vita di Cassandra Jenkins.

Dopo la morte di Berman, la Jenkins ha trascorso l’autunno viaggiando da sola, tentando di comprendere e superare quell’esperienza traumatica. In ottobre, ha prenotato una sessione di registrazione con il suo amico Josh Kaufman (membro dei “supergruppi” Bonny Light Horseman e Muzz) e si è presentata in studio con un file Word pieno di appunti tratti dal suo cellulare e dalla sua agenda, con l’idea di realizzare un nuovo album.

Nato così, “An Overview On Phenomenal Nature” è sicuramente uno degli album di “folk” cantautorale più diretti e commoventi di questo primo scorcio del 2021, una raccolta di canzoni intense, intime e sorprendenti.
Lavorando sul proprio stato mentale e sul senso di smarrimento causato dal suicidio di David Berman, la Jenkins si è finalmente lasciata sopraffare dalle emozioni, riuscendo a esprimere tutto il proprio talento e a superare gli schemi e le restrizioni che si era autoimposta, spaziando con le proprie canzoni dal chamber folk al jazz, dal cantato suadente e confidenziale allo spoken words.
Quello che era stato concepito, nella testa della sua autrice, come un album spartano, fatto solo di voce e spanish guitar, si è rivelato un viaggio di scoperta, tumultuoso ed eccitante, attraverso sentieri poco battuti.

Se “Michaelangelo” è la canzone che quasi tutte le nuove “stelline” del firmamento indie folk avrebbero voluto scrivere, con il suo andamento cadenzato, una breve interferenza di chitarra elettrica distorta e una voce di velluto, “New Bikini” è una ballata solo in apparenza tranquilla, caratterizzata da oscure linee di piano, percussioni jazzate e un sassofono quasi lounge.
“Hard Drive” si apre con la registrazione di una guardia di sicurezza al Met Breuer Museum che parla della mostra “Phenomenal Nature” di Mrinalini Mukherjee, prima di trasformarsi in un dialogo che racconta una sorta di rinascita psicologica: nel suo understatement è uno dei brani più belli e commoventi degli ultimi anni, in equilibrio perfetto tra spoken word e ballata confidenziale (“We’re gonna put your heart back together/Are you ready?“).
Empty space makes me feel safe“, confida Cassandra, nella successiva “Crosshairs”, folk da camera meravigliosamente impreziosito dalla chitarra, dai violini, dai flauti e da una melodia ariosa e distesa (“All I want is to fall apart/ in the arms of someone entirely strange to me“).
“Ambiguous Norway” racconta una storia enigmatica e vagamente spettrale eppure, con i suoi synth, il sassofono e la slide guitar, emana il calore di una antica fiaba sussurrata su una spiaggia di notte. In “Hailey” è ancora il lavorio di una chitarra pizzicata accompagnata da sintetizzatori fluidi e ronzanti a suscitare emozioni forti.
“The Ramble”, uno strumentale pieno di field recordings e droni gentili, colorato con i suoni dei camion della spazzatura, delle sirene, dei bambini, del canto degli uccelli e del rumore di di un irrigatore, posto alla fine del brevissimo percorso (sette canzoni per appena mezz’ora), ci dice che nel mondo c’è ancora qualche rifugio sicuro.

Cassandra Jenkins ha voluto raccontare non solo se stessa, ma le storie di tanti personaggi, incontrati nel suo peregrinare e nella sua immaginazione. Per farlo è anche ricorsa all’aiuto di Craig Finn che l’ha aiutata a mettere maggiormente a fuoco il background delle persone che popolano le canzoni dell’album. Vengono citati tanti nomi, David, Warren, Gray, Darryl, Lola, Peri, Hailey, Gates e se alcuni sono i protagonisti dei brani, altri riescono, da semplici comparse, a conferire alle storie un senso di verità, quasi documentaristico.

In poco più di mezz’ora, Cassandra Jenkins ha condensato sette canzoni magnifiche e decine di storie, raccontandoci con tono colloquiale, sereno e onesto un percorso emotivo e umano che potrebbe essere quello di ognuno di noi.

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