Benvenuti al Blue Monday. Con una settimana di ritardo. Come mi ricorda il mio alter-ego romano, devo cercare di finire le recensioni. Questa l’ho iniziata la settimana scorsa e a quanto pare ci sto arrivando lungo. A farmi compagnia, Ratworld dei Menace Beach. Andate a cercare la band, adesso, e scoprirete che in realtà negli algoritmi di Google, fanno ancora a pugni col videogioco targato Nintendo del 1990.
No, non sono così fissato coi vidoegames, o meglio, lo sono, ma non a tal punto.
Sono fissato con gli anni 90 però, quelli della mia adolescenza, costellata di Smashing Pumpkins, Jeff Buckley, e tutte quelle canzoni che hanno messo in ufficio Venerdi scorso: Marcy Playground, Third Eye Blind, Spin Doctor, Weezer, Sugar Ray e anche roba di qualità, tipo Beck e Bran Van 3000.
Potrei finire col ricordami quella volta in cui in motorino corsi sotto l’acqua per andare a comprare Grace, ma preferisco metter su Drop Outs, e sentire quella linea di basso che sembra uscita uscita da Gish, o quei riff di Tennis Court un po’ punk un po’ southern rock. Si passa da Ratworld, rock serio à la page, con quel touch femminile che ci sta bene.
Il disco presenta tanti spunti dal passato, dall’ultimo decennio del secolo scorso, probabilmente in modo inconsapevole vista la giovane età degli autori. In sociologia si definirebbe ritorno alla poesia, questo ritorno alle chitarre di una musica contemporanea che sta da tempo usando perlopiù suoni sintetici.
Sarà il mio passato, sarà il lunedi grigio, ma io non riesco a togliere il repeat di Come On Give Up, contrappasso con il titolo che vorrebbe a tutti i costi farmi andare oltre ma non riesco. Il primo disco meritevole dell’anno si chiama Ratworld, dei Menace Beach.
Nulla si crea, nulla si distrugge e tutto si trasforma. E se è vero che qualcuno è riuscito a riformulare il concetto di cioccolata, allora per quale motivo dovremmo pensare che anche il rock non abbia sempre qualcosa di nuovo da raccontare?