Ho circa dieci anni e sono nel mio letto.
Dopo aver visto un film che – certamente – mi ha impressionato, riesco a vedere la sagoma di un figuro che muove la mano con fare minaccioso. Ho paura, ma non mi muovo. Resto lì – tra le mie lenzuola – fermo ad aspettare che qualcosa di spiacevole accada.
Ripensandoci, poi, riuscii a capire che si trattava semplicemente di un gioco di luci e ombre, ma credetemi, passarono delle ore finché non mi addormentai.
Ed è proprio lo stesso gioco di luci e ombre quello che riesco a “vedere” ascoltando Wilderness Of Love, nuovo lavoro degli Shadow Band in uscita il 24 Febbraio.
Originari della Pennsylvania, nascono dalle ceneri dei The Black Magic Family Band di Mike Bruno. Conclusasi la questione BMF, Mike porta con se alcuni dei membri della band per dar vita a questo progetto dalle sonorità pysch-folk.
Mike – come nella precedente formazione – sembra essere la mente da cui nascono le undici tracce che compongono il disco, che, oltre a suonare decisamente folk, è condito da una massiccia dose di essenza dark. Shadowland e In The Shade sembrano essere i brani più rappresentativi di quanto appena detto, ma non mancano di certo le sorprese.
Endless Night, infatti, richiama il r’n’r degli Stones più cupi e psichedelici, mentre Eagle Unseen e Morning Star ricordano a tratti le sonorità dei Timber Timbre. Altri (Mad John, Darksiders’ Blues), invece, ci portano ai tempi degli “shiny boots of leather” dei Velvet Underground o ai feedback delle chitarre alla Sonic Youth. Insomma, vi è spazio per tantissima roba.
Infatti, oltre ad usare strumenti convenzionali (se così si può dire), l’uso del theremin, del flauto di Pan o del banjo, ci portano a sognare terre lontane. Un trip lisergico da cui non è semplice uscire.
Il disco apre con tutta la malinconia di un fiume (Green Riverside) che sembra scorrere nella notte di un uomo che scaccia via i propri fantasmi, i propri ricordi, spingendosi, poi, verso la luce di un nuovo giorno (Daylight) che suo malgrado presto finirà.