Dal primo album degli Ought che ascoltai (More Than Any Other Day) rimasi folgorato dalla traccia numero tre, Habit: era come se i Talking Heads avessero ripreso le chitarre in mano e, seguendo la lezione del noise anni 80/90, avessero composto una traccia scintillante (e pure di più).
Da quel momento li ho persi di vista, ma ecco il frontman Tim Darcy che rispunta fuori con un disco solista.
Il titolo, Saturday Night, potrebbe far presagire festa, balli, divertimento e chi più ne ha più ne metta. Invece ci ritroviamo più nel campo del sabato sera passato a casa a riflettere su questioni esistenziali della vita.
Un disco a tratti molto essenziale nella struttura dei brani, assolutamente non dirompente come il sound proprio degli Ought, come ad esempio in Tall Glass Of Water o You Felt Comfort, e a tratti invece tendente all’intimismo a base pianistica (What’d You Release?) o lampi di sperimentazione a base di feedback e sovraincisioni (la strumentale Beyond Me).
Saturday Night è opera varia, anche se a un primo ascolto non potrebbe sembrare, e merita quei tre-quattro ascolti per assemblarne le varie sfumature.
Ora non dico di passare per forza un sabato sera al buio della vostra stanza a rimuginare con Tim sulla vita e quello che va e che non va, ma un’oretta buona prima dell’aperitivo io vi dico di dedicargliela.
Mi ringrazierete.