Io sono nata d’estate. Ma dell’estate non ho nulla: non ho la frenesia, l’eccitazione, la voglia di approfittare della luce, del caldo, del sole e del mare fino a volerne ancora.
Le troppe ore di luce mi destabilizzano, mi accecano e mi confondono. Ho bisogno che il buio non ritardi ad arrivare; ho bisogno di vivere i giorni rispettando la sequenza mattina-pomeriggio-sera.
Per questo la stagione che mi dà pace e mi conforta è l’Autunno della montagna e l’inverno della città. E se molta parte del regno animale va in letargo io rinasco.
C’è la vita delle idee nell’aria autunnale e nel freddo dell’inverno, ci sono gli alberi che non demordono e diventano rifugio, ci sono odori diversi nelle case e tavole con caldi cibi, c’è un tono di voce pacato e una dolce rassegnazione quando ci si chiede com’è andata la giornata. Così a me sembra che l’esistenza diventi più sincera ed amichevole, più dalla mia parte.
E la mente si libera come quando delle nuvole liberano il cielo e i pensieri così faticano meno a venire.
So di non essere capita appieno, so che può suonare strano questa mia inclinazione a preferire il freddo al caldo e ai viaggi settembrini, così come parrà strano comprendere appieno che non amo molto vivere in una condizione costante di vacanza.
Ecco, tutto quello che non farei è la fotografia della copertina dell’ultimo lavoro dell’australiana Emma Russack, Permanent Vacation. Se proprio dovessi prendere il sole così, si vedrebbe un corpo imbalsamato dalla protezione 50+ ripetuta ovviamente ogni ora.
L’Australia è molto lontana dall’Europa, tanto che bisogna prendere un aereo per moltissime ore e questo la rende non alla portata di tutti. E’ possibile conoscerne gli aspetti, frammenti di cultura di un paese, attraverso molti modi (che richiedono un’attenzione particolare): la letteratura, l’arte e la musica (perché questi riescono ad arrivare prima di molte altre cose, di sicuro molto prima di un Wallaby).
Emma Russack (nata a Narooma, New South Wales) anche se ancora, ma non per molto, poco conosciuta nel nostro paese ha all’attivo una produzione discografica che segue coerentemente il lavoro graduale di un’artista: prima della produzione dei tre album precedenti l’ultimo (appunto Permanent Vacation) ha fatto della musica il suo campo di prova per testare le proprie capacità artistiche.
Nel 2010 pubblica l’EP Peasant e a due anni di distanza il primo album, Sound Of Our City (2012), seguito poi da “You Changed Me” (2014), In a New State (2016) e appunto Permanent Vacation (2017).
Le tonalità e i timbri della Russack sono identitari di un genere musicale sempre più prolifico. Ciò non è una pecca perché ognuno dà il proprio contributo declinandolo con originalità e, indubbiamente, bravura.
Non è possibile aggettivare univocamente i brani dell’ultimo album perché la narrativa musicale cambia in ognuno di essi: un esempio è l’ascolto prima di All my Dreaming (solenne e delicata) e poi della title track (che ricorda molto i suoni della bossa nova anche per le melodie vocali).
Di sicuro Emma Russack si sta affermando con sempre maggiore professionalità nel panorama della musica australiana, tanto da vantare la considerazione di note testate giornalistiche musicali.
Tra non molto l’autunno entrerà e io aspetto di vedere gli alberi cambiare colore.