In questi giorni di freddo e sole, le contraddizioni si sprecano.
Infatti, non riesco a capire quali siano le ragioni di pubblicare la metà di un album in anteprima per poi svelare la totalità dell’album qualche settimana dopo.
Sono sicuramente ragioni di marketing, per me oscure, che mi definiscono un outlier, statisticamente parlando.
Quando ascoltai per la prima volta Tea-Soaked Letter, me ne innamorai, col suo incipit diretto e melodico, la voce che soavemente addolcisce la compassata aggressività dei riff. Un pop-rock gentile e ricercato. E lo stesso successe per 2 cool 2 care, una ballata 2018 con degli echi un po’ rock’n’roll a mettere un po’ di pepe al repertorio di Anna Burch.
Con il tempo ho poi scoperto gli atri pezzi: la title-track Quit The Curse, gentle reminder degli eco retrò di cui sopra, cosi come What I Want, dolce e scanzonata passeggiata negli scheletri che Anna conserva dentro il proprio guardaroba: I won’t play the victim just because I can’t get what I want.
L’album si compone di 9 pezzi dolci e sentimentali, diretti e arrangiati con sensibilità, ed è questo il bello, la gentilezza con la quale Anna ci conduce da un ambiente a l’altro con controllo e maturità.
Il pezzo che mi ha sorpreso, è quello in cui ci ritroviamo spiazzati dalla miscela perfetta di indie, folk e country in cui sembra di ascoltare la voce dolce e rilassata di Fiona Apple: Belle Isle.
Le ragioni che portano a pubblicare un album per metà mi saranno sempre oscure: mi ritrovo sempre a cercare le canzoni che già conosco limitando l’ascolto della totalità dell’opera.
Che sia una sorta di esplosione controllata, come quella degli edifici da abbattere, non so, ma le contraddizioni hanno talvolta un fascino particolare: meglio apprezzarle per quello che sono, senza analizzarne troppo la natura. Quit the Curse.