The Goon Sax – We’re Not Talking

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Francesco Amoroso per TRISTE©

Invecchiando mi rendo conto con sempre maggiore chiarezza che uno degli atteggiamenti che meno sopporto in ambito musicale è quello di molti “artisti” che fingono di essere eternamente giovani, solo per vendere qualche disco o qualche biglietto in più ai ragazzini.
Di esempi che ne sono in abbondanza ed è del tutto inutile fare nomi, ma vedere un cinquantenne che parla di ribellioni adolescenziali o un sessantenne che ci racconta le angosce del primo amore è davvero irritante. Il pop ha da sempre prosperato sulle pulsioni adolescenziali, sulle paure e sulle aspirazioni dei giovani e dei giovanissimi, eppure mi pare che la vera voce dell’adolescenza sia andata perduta, sostituita da quella di chi tenta di rinnovare all’infinito una posticcia aura giovanilistica.

Per fortuna, però, ci sono The Goon Sax.

Si chiamano James Harrison, Louis Forster (figlio niente di meno che di Robert Forster, icona della musica indipendente australiana e storico fondatore, con Grant McLennan, di The Go Betweens) e Riley Jones e vengono da Brisbane, in Australia. Due anni fa erano tutti e tre al liceo quando hanno fatto uscire il loro primo album, “Up To Anything” che, in una recensione entusiastica, è stato definito “uno degli album più brillanti e brutalmente adolescenziali emersi da molto tempo”.
Ma, nella vita vera, quando si tratta di artisti sinceri, è inevitabile crescere e, questa estate, quando è uscito il loro secondo album, ci siamo accorti che anche The Goon Sax sono cresciuti.

“We’re Not Talking” racconta con dodici deliziose canzoni pop, in maniera onesta e senza filtri, il cambiamento inevitabile che avviene tra i 17 ei 19 anni: dove il precedente lavoro era esuberante e ingenuo, il nuovo è più meditato, oscuro e contorto. Le parole, che acquistano sfumature e sottotesto sono crude e dirette, semplicemente vere, ineluttabili, a volte strazianti.
La copertina è bruttissima, ma, per fortuna, l’abito non fa il monaco.
Con una produzione accurata, seppure senza troppi orpelli, le canzoni di “We’re Not Talking” dimostrano la notevole maturità raggiunta nel songwriting e l’eclettismo sonoro dei giovani australiani: tra archi, corni, nacchere e campanacci, il loro pop riesce sempre a coinvolgere e sorprendere.
La frenetica “She Knows”, la deliziosa “Make Time 4 Love”, che quasi commuove, anche per la somiglianza con certe cose bellissime di The Go Betweens (“Socialise like it’s a competition/Against people without school or girlfriends“), il pop diretto di “We Can’t Win” (“When the bus went past your house and past your stop my eyes filled with tears“), il lo-fi di “Losing Myself” o la struggente “Strange Light” (primo brano scritto dalla batterista Riley Jones, che richiama il cantato femminile dei superbi The Triffids) sono esempi lampanti della straordinaria qualità di un lavoro che non ha paura di essere adolescenziale e che, con grande personalità, cattura perfettamente la goffaggine, l’imbarazzo e la confusione di quella difficile ed entusiasmante età.

Ogni tanto, come gli adolescenti di tutte le età, ho bisogno, per liberarmi le orecchie da tanta plastica e inutile fuffa, di ascoltare una manciata di canzoni pop rock oneste, semplici e dirette, che hanno la capacità di fotografare, senza filtri, il sottile equilibrio tra insicurezza e eccitazione che da sempre caratterizza quel periodo difficile, ma fondamentale, che ha formato, nel bene e nel male, la personalità di tutti noi. L’adolescenza, in fondo, è una malattia dalla quale non si guarisce mai completamente. Per fortuna.

(il testo è rielaborato da un articolo, più lungo, che ho scritto per il numero di ottobre di Rockerilla)

3 pensieri su “The Goon Sax – We’re Not Talking

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