Alfa Mist – Structuralism

Alfa Mist

Carlotta Corsi per TRISTE©

Vivere in una città come Milano, ti porta inevitabilmente a pensare al dualismo e agli ossimori.

Milano è una città che, diversamente da quanto si crede, ha un passato davvero importante: la convivenza tra “vecchio” e “nuovo” (e non solo quelle tra i fuori sede, quindi) caratterizza la cultura della città e ne è, oltre che un tratto distintivo, un motivo di vanto.

Una delle cose più fascinose è che ogni quartiere mantiene sempre, con gran gelosia, un pezzo della Milano più “provinciale” e questi contrasti diventano subito poesia. Insomma, pensare di vivere in pianta stabile in un posto così inclusivo alla lunga può diventare imperativo.

Il progresso è visibile, non solo nei “giganti” in zona Garibaldi, ma nelle idee delle persone, che mantengono un rapporto a doppio senso con il territorio, diventando, sempre di più, l’attributo principale di questa città.

Uno che ne sa qualcosa di forti legami con la propria città di origine è Alfa Mist, che da sempre rimane fedele a Newham e a tutto il patrimonio culturale che il suo quartiere si porta dietro.

E’ difficile inscatolare i suoi suoni in un genere, o prevedere in quale direzione la sua musica si stia muovendo: il ragazzo brucia le tappe e anziché un piccolo rione, il suo pare un tentativo d’edificazione di una nuova e meravigliosa metropoli.

Con il suo secondo album, Structuralism, c’è da dire che le tappe, il ragazzo, le ha proprio incendiate: è un perfetto connubio tra hip-hop, grime, neo-soul e jazz, dall’esecuzione egregia. È una vera opera di costruzione innovativa a marchio Mist, strutturata, per l’appunto, da un simbiotico dialogo tra ciò che è più “old style e ciò che è parte della nuova cultura underground di cui l’artista è figlio.

La contaminazione è sempre stata l’essenza dello spirito nella scena del Brit Jazz, ma Alfa Mist riesce, soprattutto in questo lavoro, a mettere in relazioni mondi che nonostante coesistano nello stesso universo, sono lontani qualche anno luce, strutturando il lavoro in modo che ogni strumento abbia il proprio spazio all’interno di ogni brano eppure sia perfettamente amalgamato agli altri. Mentre la batteria segue un ritmo incalzante molto hip-hop e la tastiera vira su un adagio un po’ più soul, i fiati legano in maniera decisamente armoniosa tutti i suoni, palesando la derivazione fortemente jazz del bagaglio dell’artista londinese.

Uno dei pochi brani dell’album interpretati vocalmente (assieme a Falling, dove fa capolino la voce di Kaya-Thomas-Dyke e a Glad I Lived) è Door, l’ultimo pezzo dove troviamo Jordan Rakei. Abbiamo già incontrato questo tipetto quando si è parlato di Loyle Carner e del suo ultimo lavoro, ma credo che a Rakei non sia stata ancora riconosciuta la meritata gloria. Appuntatevi il suo nome ora, così non avrete la scusa di dire che non vi avevo avvertiti.

Non è facile inquadrare questo disco, nonostante la sua struttura sia davvero ben definita: è un album che va vissuto un po’, pieno di sali e scendi, coniuga perfettamente le varie anime musicali presenti al suo interno, facendo di Mist non solo un elemento di spicco del genere, ma probabilmente anche il suo creatore. Ascolti questo disco e senti la città, o per lo meno, quella parte che Alfa vuol portare all’ascolto: è un tributo alle menti, agli artisti e ovviamente, ai musicisti che hanno reso la strade dei sobborghi Londinesi, quelle che sono state, sono e saranno.

Detto ciò, direi che a sto giro, la gara d’appalto la vince lui e io mi sa che vado già ad informarmi sugli affitti.

2 pensieri su “Alfa Mist – Structuralism

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