Cosmic Crooner – The Perks Of Being A Hypocrite

Francesco Giordani per TRISTE©

Conosciuto grazie ad un’inserzione su Instagram -ed è già la seconda volta, dopo i Ray, che la pubblicità insinua con successo musica a me gradita nell’agenda dei miei ascolti, ci sarebbe quasi da farci uno studio-, Cosmic Crooner è una delle più piacevoli scoperte dell’anno in corso che con gioia desidero condividere su TRISTE©.
Nel medaglione biografico che incornicia il suo profilo Spotity, l’olandese Cosmic Crooner si autodefinisce, traducendo con un po’ di fantasia, l’ultimo eloquente cascamorto d’Europa (“Europe’s newest silver-tongued lounge lizard”). Più precisamente, apprendo da Wikipedia che un lounge lizard altri non è che “a man who frequents social establishments with the intention of seducing a woman with his flattery and deceptive charm.(…) In Europe, he subsequently evolved into what is now known as the gigolo.”

Ecco, questo sofisticato esemplare di fumista (il sulfureo Battisti di Don Giovanni spiegava infatti: “l’artista non sono io, sono il suo fumista”), armato della funambolica arte di quel che lui stesso ha brillantemente scelto di ribattezzare Doowop Space Pop, è in effetti un abilissimo seduttore di suoni, un prestigiatore e mentalista della canzonetta che sa corteggiare con eleganza (pari solo alla malizia) intere epopee della musica pop, rubando, ricucendo e camuffando come soltanto i maestri precoci o i classici istantanei riuscirebbero a fare. Impiegherete ben poco tempo a cascare ai suoi piedi, ingannati e contenti, statene pur certi.

Il crooner cosmico tesse nella sua sarcastica ragnatela Scott Walker e Burt Bacharach (R.I.P.), Gainsbourg e i Beatles, Alex Turner e Louis Philippe (del resto troviamo in scaletta un Tema di Filippo, sarà un caso?), Jarvis Cocker e i Cahiers du Cinema, Amleto e Pierrot e si potrebbe proseguire ancora a lungo. Del resto quelle dell’Olandese più che innocenti canzoni sono, assai più propriamente, meta-canzoni ovvero ingegnose rappresentazioni, arditissime mise en scène delle stesse, di cui Cosmic Crooner in primis, vertigine suprema dell’ipocrisia (vedi titolo del disco), è quasi sempre principale maschera e attore protagonista. Nella proemiale Deep Down in Jazz ad esempio piovano incisi di questo tenore: “When he hit the stage the other day / Cosmic Crooner was born in such a way”. Addirittura in “Late Night Obsession” ci si spinge fino a sospirare “But does the world need another melody / Expressing that I feel lonely?” 

Cosmic Crooner non canta canzoni ma canta la Canzone. Instancabilmente la celebra, accarezzandola, evocandola, stravolgendola, in tutte le sue forme, amuleto e ammaliante feticcio di un culto che sconfina pericolosamente nella venerazione fanatica.
Cantando la Canzone, Cosmic Crooner soprattutto ci incanta e davvero non pare il caso di pretendere nient’altro.
Hourrà!

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