
Francesco Amoroso per TRISTE©
“Everyone’s hoping that nobody sees/ all our little efforts at dignity.”
C’era una volta, tanto tempo fa, qualcuno (di solito un grande appassionato di musica, qualche volta anche un intenditore) cui veniva affidato un album di cui scrivere.
L’album poteva essere privo di copertina e dati, a volte accompagnato solo da uno scarno comunicato stampa, fotocopiato in bianco e nero su un foglio A4 ripiegato, a volte neanche da quello.
In quella lontana epoca, senza la possibilità di accedere alla rete globale di informazioni, le canzoni, i loro titoli e poco più, erano tutto ciò che si aveva per farsi un’idea di un album e provare a raccontarlo.
Erano tempi oscuri, eppure, in qualche modo più semplici e ingenui (e io, evidentemente, sto davvero diventando troppo vecchio…).
Ora l’uscita di un album è accompagnata da fotografie, biografia della band e dei singoli membri, cartelle e rassegna stampa, link e scritti, spesso avvincenti quanto l’album se non di più, che raccontano per filo e per segno la genesi del lavoro, il suo contenuto e il suo significato profondo.
E io, allora, che ci sto a fare? (Una domanda che mi capita di farmi sempre più spesso, in molti campi…)
La cartella stampa che accompagna Why Not Now?, il nuovo album dei Cindy di Karina Gill, contiene questa fulminea descrizione: “Cindy’s Why Not Now? is that muffled street symphony inside a passing daydream“.
Credo che, riportato ciò, potrei anche andarmi a fare un panino o impiegare il mio tempo in altre attività più costruttive, visto che dubito che, anche spendendo centinaia di parole, potrei raccontare meglio di così gli undici brani che compongono il quarto album della band di San Francisco.
Ma, poiché Karina Gill e i Cindy mi stanno molto a cuore (e poiché mangio già abbastanza anche senza farmi un panino in piena notte e altre attività più costruttive mi divertono molto meno) proverò lo stesso a raccontare un po’ la piccola magia contenuta ancora una volta nelle loro canzoni (però, per correttezza, devo ribadire che se la definizione iniziale vi ha incuriosito, potete tranquillamente andare in fondo alla pagina e farvi conquistare da questo splendido album).
Così come accadeva per i tre lavori precedenti (l’omonimo album del 2018, recentemente ristampato, Free Advice del 2020 e, soprattutto, 1:2, uscito poco più di un anno fa) nel modo di scrivere canzoni di Gill è evidente un approccio spontaneo, quasi ingenuo, una volontà di ridurre all’osso arrangiamenti e strumentazione e una certa introversione che porta l’autrice a scrivere testi che non raccontano storie, né la vedono mai come protagonista ma come semplice osservatrice di una realtà liminale, sfocata, tra ombre e nebbia.
I suoni di Cindy arrivano sempre da lontano, sono filtrati, sporcati dai rumori di fondo e la produzione lo-fi è non tanto una scelta consapevole, quanto una necessità espressiva.
Why Not Now? si muove, anch’esso come i sui predecessori, tra il dream pop, lo slowcore e l’indie pop più rallentato, ma piuttosto che richiamare alla memoria la gentile psychedelia di band come i magnifici Galaxie 500 o l’imprescindibile catalogo della Sarah Records, la produzione volutamente antiquata e le sonorità disadorne rimandano immediatamente ai Velvet Underground.
La dolcissima ninna nanna sussurrata della title track e il sognante strumentale Standard Candle 3 suonano subito accoglienti e caldi, con gli spaziosi accordi della chitarra e i colpi del tamburello che sembrano presi di peso da un demo di Reed & C..
La breve e più sostenuta Earthly Belonging, con il suo magnifico organo, è solo un sussulto, prima che August riporti alla quiete (e ai Velvet), con gli archi (che si tratti di una viola?) che, accompagnando la voce delicata di Gill e le sparse note di chitarra, si prendono la scena.
Wednesday è un altro numero che può ormai definirsi un classico di Cindy, con la realtà, in forma di sirene della polizia, che irrompe a spezzare l’andamento sognante del brano, mentre la malinconica A Trumpet on the Hillside, la traccia più lunga dell’album (e forse la più lunga mai composta dalla band), è una sorta di walzer arricchito dai synth, dall’organo e dai fiati, che tuttavia non ne compromettono affatto il tono sommesso e intimo e le permettono di fluttuare su una quasi impalpabile, eppure efficacissima, melodia.
Con la successiva The Price Is Right, Gill ritorna a una composizione essenziale e struggente e la scarna e accorata Playboy, con il suo elementare (e magnifico) giro di chitarra e il fischio finale, è un ulteriore passo verso le atmosfere sognanti che hanno caratterizzato anche i lavori precedenti.
È così che Et Surtout suona come una specie di risveglio improvviso: con il suo ritmo più incalzante e l’organo a menare le danze ricorda da vicino le meraviglie della Flying Nun.
Ma non c’è da temere che la veglia prenda il sopravvento, visto che la breve Standard Candle 4, ancora imperniata sull’organo e il duetto finale St. Marks riportano subito verso le sonorità sottili ed eteree che informano Why Not Now?.
Dopo tre album incisi con la stessa line up, Karina Gill ha abbandonando la formazione del quartetto per coinvolgere nuovi musicisti e i membri di Rays, The World, April Magazine, Flowertown, Seablite, The Telephone Numbers, Whitney’s Playland e Sad-Eyed Beatniks hanno tutti contribuito, incluso il tastierista Aaron Diko che, probabilmente, più di ogni altro ha contribuito a forgiare le sonorità dell’album.
Eppure, nonostante sia frutto di uno sforzo collettivo, Why Not Now? suona sobrio, quieto e solitario, con le note sparse della chitarra e della tastiera che sembrano emergere da un sogno lasciato a metà e presto dimenticato e che, tuttavia, continua a influenzare a lungo ogni pensiero e ogni movimento, mentre Karina Gill ci sussurra perché il risveglio non sia troppo brusco.
Why Not Now? è un rifugio intimo e confortevole, una “ovattata sinfonia di strada dentro un sogno passeggero a occhi aperti”. Appunto.