Ho appena scoperto nuove fantomatiche malattie che potrei associare a degli attuali sintomi e dire di accusare nei prossimi mesi. Ma è così, la primavera, il cambio di stagione, la mia ipocondria. Che volete farci!
Ad evitare che mi butti completamente giù arriva provvidenziale la terza fatica di una delle band che più ho apprezzato negli ultimi anni: The Leisure Society, con il loro Alone Aboard the Ark.
Appena faccio partire il disco penso di aver pescato per sbaglio tra i miei vecchi album: Another Sunday Psalm mi ricorda una ballad dei Jethro Tull o i Genesis di For Absent Friends. Ma già con A Softer Voice Takes Longer Hearing Nick Hemming e compagni si fanno riconoscere con una delicatissima canzone pop, come in pochi altri saprebbero confezionare.
Questo è sempre stato il bello dei The Leisure Society: canzoni che pescano in un bagaglio molto ampio, marchiate da uno stile ben identificabile e a suo modo unico. Così se un pezzo come Everyone Understands strizza fortemente l’occhio (quel pianoforte iniziale è al limite del plagio) al Sufjan Stevens di Come on feel the Illinois (grande Sufjian) e The Sober Scent of Paper ricorda quattro tizi di Liverpool abbastanza famosi, Fight for Everyone e All I Have Seen sono canzoni tipicamente Leisure Society, dove intrecci di parole e suoni si sviluppano su melodie ritmate.
Un gran bel disco, questo terzo lavoro della band inglese, che evolve il proprio suono folk/pop aggiungendo nuove sonorità e “rumori”. Un disco che avvicina i The Leisure Society alle orme di band come Belle and Sebastian, per fare un esempio a mio avviso molto esplicativo.
Un disco allegro e al tempo stesso malinconico, ricco di testi liberamente ispirati a religione e letteratura. Un disco fresco e al tempo stesso profondo.
Speriamo riesca a distrarmi dallo scompenso del cambio di stagione.
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