Partire da Roma e raggiungere l’Irlanda per un concerto che per metà (i The National) si sarebbe svolto nella Capitale la settimana successiva sembra una cosa un po’ priva di senso. Sì, ma se l’altra metà è la band di Matthew Houk e se seguite un po’ il nostro blog sapete che questo concerto non ce lo saremmo persi per nulla al mondo.
Ma la cosa ancora migliore è che io arrivo a Dublino il giorno prima della parte londinese di TRISTE© e mi accorgo che Phosphorescent avrebbe fatto un pre-show in un bel locale sul “lungo Liffey”, il The Workmans Club. Biglietti comprati al volo e doppio live garantito.
La serata inizia conoscendo una coppia di Irlandesi di un’età che si aggirava intorno alla media tra quella dei miei genitori e quella dei miei nonni che, a conferma dell’attitude anglosassone per la musica, stava facendo un “viaggio musicale” in giro per concerti e cantava i pezzi della band mentre la band finiva il suondcheck nella sala accanto. Grandissimi.
L’apertura del live è affidata ad una band locale dalle piacevoli melodie folk. Poi dalle casse parte Sun Arise e Matthew cominciano a salire sul palco. Quattro su sei di loro hanno un cappellino, ma sicuramente Matthew vince il premio (per il migliore? Peggiore?) con il suo copricapo rosa shocking dalla scritta Miami Beach.
Il repertorio suonato dalla band è principalmente quello d’ultimo, bellissimo (stupendo. Così, per rimarcare) album (Muchacho), ma c’è spazio anche per canzoni dei dischi passati (principalmente da Pride) e per accontentare un po’ di rischieste dal pubblico (“let’s make it a request night” dice Matt ad un certo punto).
Già dopo pochi minuti la band ha conquistato tutta la sala con il proprio indie-folk dalle forti venature country e blues (ancora più evidenti nel live) e sulle note di Terror In The Canyon (The Wounded Master) io già rischio le lacrime.
Una cosa che rimane impressa, oltre alla bella voce di Houk, è la bravura di tutta la band che lo accompagna, in grado di improvvisare con variazioni su molte tracce e soprattutto capace di trasmettere grande energia e calore al pubblico.
Mattew, dopo la rottura di una corda della sua chitarra, scherza sul fatto che non siano mai stati “accusati” di essere una band professionale, ma poco o nulla può essere rimproverato a questi musicisti e a questo artista meravigliosi (forse solo il fatto di aver suonato un unico pezzo da Here’s To Taking It Easy, la bella Tell Me Baby). E allora ecco le famose note della “hit” Song For Zula, passando da Down To Go sino alla “scarica” di Ride On/Right On.
Poi il gruppo se ne va e dopo pochi istanti sul palco torna Metthew per un bis solista, aperto alla tastiera con Muchacho’s Tune e concluso dalla splendida e richiestissima Wolves, passando anche da un altro dei suoi pezzi più belli del passato, My Dove, My Lamb.
Per un concerto così, prenderei un aereo ogni volta. E ancora mi aspettava il giorno successivo con il doppio live ad Iveagh Garden….
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