Preoccupations – Preoccupations

preoccupations_preoccupationsDa sempre l’arma dell’indignazione può essere un forte strumento per alzare polveroni mediatici. Anche un po’ gratuiti.

Succede ancora più spesso al giorno d’oggi, dove fatti, dichiarazioni, filmati e vignette sono decontestualizzati e commentati e ricommentati di pancia su social network e altri media dal rapido consumo.

A volte sacrosanta (ed anzi, spesso poco usata quando ce ne sarebbe davvero bisogno), l’indignazione è spesso figlia di (falso) perbenismo e chiusura mentale, a cui è bene contrapporsi con fermezza e buone argomentazione.

Dire “non sapevamo bene di cosa stessimo parlando” non è invece un buon esempio di risposta.

No, non sto parlando di politica, cronaca nera o satira, bensì della breve storia del nome della band ad oggi nota come Preoccupations, appena uscita con il nuovo self-titled album.

Il gruppo canadese post-punk capitanato da Matt Flagel uscì nel 2014 con un primo EP, Cassette, seguito dall’ottimo debut di Gennaio 2015 (di cui vi avevamo parlato qui) intitolato come quello che, a quel tempo, era il nome della band: Viet Cong.

Il riferimento ai guerriglieri comunisti che si opposero (vittoriosi) all’invasione americana del Vietnam, benchè forte, sembrava calzare bene alle sonorità cupe, al limite del noise e dell’industrial, di questa band che aveva sapientemente fatto rivivere le atmosfere dark-wave e post-punk dei primi anni ottanta.

E poi la guerra in Vietnam, almeno in teoria, era passata da un pezzo e rimasticata e digerita a sufficienza.

E invece no. Perchè i Viet Cong (la band) hanno trovato proprio nel loro nome uno scoglio in più di una occasione: molte critiche e più di un concerto cancellato a causa di un rifermiento considerato profondamente inappropriato.

Se è vero che la stessa cosa vista da angoli diversi può certamente assumere forme diverse (basti pensare che Pitchfork, in un recente articolo sulla questione, definisce la resistenza vietnamita come un “notoriously brutal insurgent group that terrorized Vietnamese citizens during the Vietnam War”. E’ proprio vero che gli americani non l’hanno presa bene questa sconfitta…), gli attacchi alla band canadese sono sembrati quantomeno sovradimensionati rispetto alla reale portata della questione.

Certo è che Matt Flagel non ha fatto una bellissima figura quando per giustificarsi ha detto “When we named ourselves, we were naive about the history of a war in a country we knew very little about”: in altre parole, “non sapevamo di cosa stessimo parlando”.

Fatto sta che la band ha alla fine deciso di cambiare nome e dare luce ad un nuovo lavoro, che si propone come ottimo proseguio del primo album, già di ottima fattura.

Questo secondo self-titled album (!) si apre con una “preoccupazione” molto in voga in questo nuovo millennio, l’ansia: Anxiety è pezzo che ben introduce al mood e alle sonorità della band, che sapientemente rimescolano gli evidenti riferimenti del passato con un gusto molto contemporaneo per gli elementi digitali e la melodia.

Le ritmiche dritte e la voce imponente di Matt Flagel nella bella Degraded richiamano alla mente anche i primi Interpol mentre pezzi come Monotony o la conclusiva Fever lasciano più spazio a synth e atmosfere (quasi) dreamy.

La vera chicca sta forse nel pezzo più “ostico” del disco, quella Memory che dura ben 11’27”: l’osticità sta però tutta nella durata, perchè il pezzo è una piccola suite post-punk perfettamente costruita che nella parte centrale (più o meno dal quarto minuto sino ai sei minuti e mezzo) trova sfogo in un bellissimo pezzo che addirittura chiama il “singalong”.

Ci sono molte preoccupazioni al giorno d’oggi. Spesso la gente si focalizza su quelle sbagliate e meno importanti. Per resistere, è molto importante saper argomentare bene.

Ma anche la musica può aiutare.

Un pensiero su “Preoccupations – Preoccupations

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