Un albero fa rumore quando cade se non c’è nessuno che lo sente?
Scopro questo famoso dilemma filosofico solo pochi giorni fa. La risposta non è scontata e io mi schiero con convinzione tra chi crede che le vibrazioni diffuse con la caduta non producano di per sé alcun rumore se non c’è un sistema uditivo a interpretarle.
Se ogni albero abbattuto corrispondesse a un fatto segnante del proprio vissuto si potrebbe pensare che in assenza di un testimone il fatto non sarebbe validato. Come a dire che non sempre riconosciamo l‘estensione e il significato delle nostra esperienza se non c’è nessuno a sentirla e provare empatia per essa.
I Preoccupations, con il loro nome profetico, quelle vibrazioni le traducono magistralmente in musica e testi, rendendo un placido senso d’ansia che può spaventare e incuriosire allo stesso tempo, ma non lasciare indifferenti.
New Material, uscito a fine Marzo, è il terzo album, il secondo dopo il cambio nome (del cambio di nome, del precedente album e del periodo Viet Cong, vi avevamo parlato qui e qui). Da una parte il più accessibile e melodico, ”popular” come lo definisce in un’intervista Matt Flegel, frontman del gruppo. Dall’altra anche il più stratificato.
Rispetto alle complessità di Preoccupations (l’album in questo caso) il nuovo lavoro ha un impatto immediato, ma è solo dopo alcuni ascolti che svela la sua intensità. Il suono chiaramente post-punk, il riverbero, l’analogico, il tanto caro wall of sound, il sudore e il fumo, i capelli scossi al ritmo delle proprie ansie. È tutto così sfacciatamente oscuro e profondo che inizialmente ci si può irrigidire un po’.
Le prime tre tracce sono uno schiaffo potente e veloce, un risveglio improvviso. Espionage, Decompose e Disarray sono una triade azzeccatissima, al primo ascolto sembrano già familiari. Ti mettono un braccio sulla spalla e aprono la porta su un mondo più scuro, dove bisogna far abituare gli occhi, concentrarsi un po’ e abbandonarsi a quel sentimento cupo che viene dall’ansia, dalla preoccupazione, dalla paranoia. Sono sintomi e non dovrebbero essere lasciati inascoltati, sono alberi che cadono.
L’angoscia provocata dall’era post-moderna dell’iperconnessione sulla quale si concentravano i primi dischi non è totalmente superata, se ne trovano ancora tracce come in Manipulation e Antidote. Ma tutto è riportato a una dimensione interpersonale, intima, non si rivolgono più solo verso l’esterno e si rendono quindi anche più comprensibili.
Ed è forse questo che permette di trovare un barlume di luce e conforto come in Solace, un brano avvolto anch’esso in una nebbia grigia e fitta ma dal quale filtra un raggio di sole grazie a veloci e pungenti pizzichi di chitarra.
I Preoccupations sono esattamente le Preoccupazioni, si trovano a loro agio nelle profondità di una new wave sporca ma raffinata, inquietante, con un ritmo palpitante che ti si attacca addosso e ti invita a seguirlo, a capirlo, a sentirlo.
E visto che io qualche preoccupazione in questo periodo ce l’ho e non posso lasciarle inascoltate ho preso una bella sdraio e nella foresta mi ci sono accampata. Piano piano inizia a popolarsi di nuovi alberi, fiori e specie animali.
E visto che tutto sommato si sta bene ho deciso di portarci anche Madame Psychosis, il gatto, a farmi compagnia e ad allontanare le zanzare grazie al suo collarino all’Olio di Neem!
Change is everything,
Changes everything,
Changing everything.