Amo camminare in città.
Anche se a Roma (tra le salite e le discese, le buche, i guidatori indisciplinati e distratti e la segnaletica non sempre evidente) può essere piuttosto pericoloso, soprattutto per chi, come me, anziché concentrarsi sulla strada rischia di perdersi in un particolare o nella musica che sta ascoltando.
Con Lines, album di debutto del britannico Charlie Cunningham, durante uno dei miei tragitti casa/tribunale, ho rischiato di arrivare tardi e di perdermi non solo nella musica, ma anche in un quartiere che conosco piuttosto bene.
Ciò che ha reso l’ascolto di questo disco così fascinoso è il curioso mix tra un folk dolce e carezzevole – soprattutto nel brano di apertura, An opening– e i suoni sinuosi del flamenco, acquisiti dall’autore durante un lungo soggiorno spagnolo e poi metabolizzati e rivisitati.
C’è un equilibrio delicato fra brani più ritmati (come You Sigh, Born, la splendida Breather e il singolo Minimum) e altri in cui prevalgono atmosfere sognanti e un fingerpicking soffuso e mai invasivo – penso a Lines, How Much e While You Are Young. C’è una miscela aggraziata fra leggerezza e introspezione con sfumature liriche che non appesantisce mai l’ascolto, ma anzi scongiura il rischio della monotonia.
Lines non è certamente un disco rivoluzionario, ma un elegante accompagnamento per passeggiate in città e momenti di spensieratezza profonda – in cui si apprezzano sia i testi semplici, ma non superficiali, e i suoni coinvolgenti privi di ruffianeria.
E alla fine, in Tribunale ci sono arrivata (nonostante le deviazioni per non interrompere l’ascolto) – con un sorriso sulle labbra e la sensazione di aver cominciato la giornata con un piccolo e inaspettato dono.