Anne Garner – Lost Play

Peppe Trotta per TRISTE©

Quando il bambino era bambino,
camminava con le braccia ciondoloni,
voleva che il ruscello fosse un fiume,
il fiume un torrente
e questa pozzanghera il mare.
[Peter Handke da “Elogio dell’infanzia”]

Iniziamo il nostro percorso di vita con la fretta di diventare adulti e ci ritroviamo immancabilmente a desiderare di poter recuperare quell’innocenza, quel senso di libertà irrimediabilmente perduto.

Ci piacerebbe poter ancora riuscire ad usare la pienezza dell’immaginazione e sfuggire ai vincoli e alle pressanti responsabilità dell’età matura, ma si tratta di un processo irreversibile.

Di questo anelito, della riconquista di questa dimensione leggera è permeato il nuovo lavoro di Anne Garner.

È un percorso introspettivo attraverso inquiete ombre e morbide luci quello costruito dall’artista inglese, un itinerario definito dal succedersi di delicate narrazioni affidate alla sua voce vellutata che danza sulle eleganti tessiture corali eseguite da una piccola orchestra che annovera archi e fiati, a cui si aggiungono misurati innesti di modulazioni elettroniche affidati a James Murray.

Quel che si espande è un universo dai tratti onirici, fatto di gentili riverberi e melodie sinuosamente avvolgenti capaci di conferire placida serenità anche quando a prevalere è un velo di cupa malinconia (The Living, Not Home) rintracciabile anche sul volto della bambina presente sul disegno di copertina che visivamente riecheggia l’atmosfera del disco.

Un flusso emozionale lento ed inarrestabile che rapisce per la sua persistente, ristoratrice grazia.

2 pensieri su “Anne Garner – Lost Play

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