Ezra Collective @Monk Club – Roma, 22/07/2018

Agnese Sbaffi per TRISTE©

In ritardo come al solito arriviamo al concerto degli Ezra Collective al Monk.

Al volo prendo una birra prima di entrare e il ragazzo al bar mi dice che “il gruppo spalla” ha iniziato da qualche minuto. Il suo gruppo spalla è il mio main event della sera e quei pochi minuti di ritardo mi pesano come un macigno quando mi rendo conto che hanno aperto proprio con The Philosopher, brano presente nel loro ultimo lavoro Juan Pablo: The Philosopher.

Gli Ezra Collective sono un quintetto di giovani londinesi, usciti nel 2016 con un EP autoprodotto dal titolo Chapter 7, al quale nel 2017 è seguito proprio Juan Pablo, secondo Gilles Peterson miglior jazz album dell’anno. Sono potenti, carismatici e tecnicamente impeccabili.

La sala è inondata di energia e afrobeat. Il batterista guida il pubblico con la sua carica esplosiva, il tastierista risponde a tono, sigaretta spenta in bocca e capelli lunghi a coprire il volto, concentrato sui suoi tasti a stento riesce a stare seduto. I fiati in prima fila si mescolano in perfetta sintonia, ogni loro ingresso è accolto con entusiasmo e calore. E poi c’è il bassista, che si muove sul palco con sicurezza ed eleganza, accarezza le sue corde e scandisce il ritmo che coinvolge tutto il pubblico.

Si alternano momenti di solo, come l’intro di Space is the place affidata all’affascinante sassofonista, per poi aggiungersi gli altri componenti della band a completare il loro omaggio a Sun Ra.

Parti ritmate avvincenti e magistrali assoli jazz si alternano con naturalezza, la sintonia tra i membri della band è evidente, si divertono, si conoscono, si sfidano, si accompagnano. C’è un’intesa fortissima che sconfina con la stessa naturalezza in tutta la sala.

Propongono brani da entrambi i dischi e alcuni inediti, più un omaggio a Fela Kuti con Zombie, fino a chiudere con Juan Pablo che segna l’apice di un live davvero avvincente.
La tecnica impeccabile non annoia, il groove è irresistibile, l’energia e il divertimento sono autentici e coinvolgenti.

Un’ora e dieci di concerto davvero incredibile, tanto che mi perdoneranno gli Hypnotics se abbiamo passato il resto della serata rincorrendo gli Ezra in giro per il giardino del Monk per la classica foto da teenagers in visibilio con facce improbabili e impubblicabili!

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