Frammenti che si sommano, parole e disegni che si intrecciano ad immagini per fissare sulla carta possibili idee in attesa di divenire qualcosa di concreto.
Ho sempre subito il fascino del potersi immergere tra gli appunti che raccontano come un prodotto creativo sia nato e si sia evoluto, cercando di capire quale sia stato il processo che lo ha condotto a trovare una forma definitiva. Spesso si tratta di percorsi lunghi e tortuosi che ad un certo punto, quasi inaspettatamente, giungono a compimento generando un’urgenza comunicativa impellente.
La stessa che ha spinto Sam Beam a pubblicare un nuovo breve lavoro a poca distanza dal notevole precedente pubblicato un anno fa.
Sei canzoni il cui nucleo risale appunto al periodo di composizione di Beast Epic, ma che erano rimaste escluse per non aver trovato una veste finale.
Un’origine che si palesa evidente all’ascolto, mostrando un legame strettissimo malgrado la loro rinviata e tardiva rifinitura. È infatti sempre una scrittura dal carattere intimo e dalla raffinata veste corale a dominare, la stessa che ci aveva incantato la scorsa estate restituendoci un Beam meno incline alla ricerca sonora, ma certamente più maturato e sempre molto ispirato.
Con la leggerezza e la grazia che ci hanno reso caro il marchio Iron & Wine scorrono queste nuove ballate finemente cesellate, delicati racconti come sempre affidati alla voce calda e accogliente di Beam che raggiunge il suo apice quando affronta il prepotente lirismo di gemme quali Waves of Galveston e Talking to Fog.
Non commettete l’errore di considerarlo un Ep di materiale minore poiché in realtà quel che Weed Garden ci offre è l’opportunità di poter godere della bellezza di brani che accidentalmente erano rimasti impigliati in quel seducente limbo che è il mondo delle idee incompiute.
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