
Francesco Amoroso per TRISTE©
Mentre le note del “primo” album (che poi non è il primo album, ma una raccolto di due e.p. precedentemente usciti) dei Flowertown risonano ancora nelle mie orecchie, Kevin Linn, l’appassionato e cortesissimo patron della Paisley Shirt records mi annuncia, a sorpresa, che è già pronto e in rampa di lancio un nuovo lavoro di Mike Ramos (Tony Jay) e Karina Gill (Cindy). Anzi, mi dice, Time Trials il vero e proprio esordio sulla lunga distanza del duo di San Francisco sarà il primo vinile dell’etichetta votata alla produzione di sole cassette e sarà disponibile da metà agosto.
Come spesso accade in questi casi, la notizia mi rallegra, ma mi mette anche un po’ di ansia: non mi sento ancora pronto per lasciarmi alle spalle Flowertown e per passare al nuovo materiale. Sono ancora troppo emotivamente coinvolto da canzoni come The Rope, Icehouse 1375 o The Lake. Non sono convinto che le nuove esili e schive composizioni dei Flowertown riescano a compiere il piccolo miracolo di quelle che le hanno precedute a distanza così ravvicinata.
Il sole di Agosto picchia forte e il caldo si sopporta a fatica, quando nella casella di posta elettronica mi arriva Time Trials ed io continuo a essere indeciso sul da farsi.
Alla fine (come sempre) prevale la curiosità.
E’ chiaro, fin dalle prime note che, pur non tradendo assolutamente l’etica Lo-Fi delle precedenti composizioni, Time Trials sia un deciso passo avanti, sia in termini di composizione che di produzione e capacità melodica.
Le cadenze molto compassate degli e.p. precedenti, sono in Time Trials affiancate se non, a tratti, superate da un afflato sognante che, senza, conferire alle canzoni eccessiva luminosità, le avvolgono in quella bruma che pare (ma sarebbe bello verificarlo di persona, prima o poi) ammanti San Francisco e la Bay Area alle prime luci del mattino.
La title track, che apre il breve lavoro composto da dieci brani per poco più di 28 minuti di durata, è costruita su chitarre che non sarebbe azzardato definire dream pop e un groove inaspettatamente deciso e se già The Way Back riporta alle deliberate lentezze dell’esordio, con i suoi fruscii e la registrazione casalinga, gli arrangiamenti sono evidentemente più accurati e studiati (la armonica (?) sullo sfondo di Worm Cafe, per esempio) e mostrano come sia ancora possibile, anche nel 2021, scrivere canzoni che, pur portando incise a caratteri cubitali le influenze dei Velvet Underground, così come dell’indie pop di matrice anglosassone, siano originali e godibilissime.
Se i suoni di Flowertown erano ruvidi e casalinghi (eppure, anche per questo, così terribilmente affascinanti), Time Trials riesce a mantenere la stessa attitudine e lo stesso fascino polveroso, senza replicare gli stessi accorgimenti (che sarebbero potuti sembrare artificiosi).
Basta poco perché l’album ci avvolga di nuovo in una nebbia morbida e azzurrina, ma non mancano passaggi più pronunciati e diretti, come il brillante riff di chitarra di Dim Nik e il suo magnifico ritornello o le chitarre avvolgenti e intrise di riverbero di The Door The Thief The Light, che sembra quasi un quarantacinque giri dei gloriosi Pastels suonato a 33 giri.
Deliziosamente fragili, vagamente ipnotiche, stupefacenti e dal movimento lento, spesso caratterizzate dalle voci sovrapposte o alternate di Karina e Mike, le canzoni di Time Trials si adattano alla perfezione a questo periodo dell’anno: sono da godere di sera, con le finestre aperte sui suoni ancora ovattati della città, in un momento di pausa nella speranza e nell’illusione che il futuro ci riservi momenti meno frenetici e che, superata l’afa agostana, il tepore dell’estate che sta finendo ci abbandono a poco a poco, con grazia.
Le mie preoccupazioni iniziali si sono rivelate infondate e questo lavoro, che risulta eccellente già al primo ascolto, cresce e avvince a ogni nuova esecuzione.
A ottobre arriverà anche il nuovo album della band di Karina (Cindy) e, a questo punto, non posso fare altro che arrendermi alla dolcezza e invocare a breve altro nuovo materiale dai Flowertown.
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