Julien Baker – Sprained Ankle

Peppe Trotta per TRISTE©

I cambi d’orario che arrivano puntuali ogni semestre continuano a incidere sul mio ritmo biologico. Tornata l’ora solare la mattina gli occhi si aprono prima, sempre e comunque.

Non tutti subiscono le conseguenze di questo spostamento minimo, io evidentemente appartengo all’altra categoria. Però in fondo la cosa ha i suoi lati positivi. Dai cambiamenti si può sempre provare a ricavare profitto.

Julien Baker è riuscita a trarne un disco. Intenso e ispirato.

JulienBaker_SprainedAnkleLa giovanissima cantautrice americana, ritrovatasi distante dalla sua vita a Memphis e soprattutto dalla band di cui faceva parte (Forrister), per frequentare il college, spinta dal costante impulso di dedicarsi alla musica comincia a scrivere e registrare i brani che andranno a comporre il suo album solista di debutto.

A dispetto dei suoi vent’anni, quel che confluisce nei nove brani che compongono Sprained Ankle è il racconto di una vita complicata, piena di dubbi e sofferenze, il tutto espresso con una forza e un’intensità che lasciano spiazzati.

Riflessioni sull’abuso di sostanze, sulla ricerca di un’entità superiore a cui affidarsi, su rapporti dolorosamente interrotti. È un universo che non ci si aspetterebbe da una ragazza di vent’anni, eppure è lì, raccontato con un trasporto incapace di lasciare indifferenti.

Scarne ed essenziali melodie folk scandite dall’alternanza tra chitarra acustica (Blacktop, Everybody Does) ed elettrica (Britted Boned, Good News) accompagnano la voce di Julien, che nelle tracce iniziali si mantiene su toni soffusi, quasi timidi, come a voler sottolineare quella persistente necessità di dare sfogo a qualcosa di intimo e inarrestabile, istanza che pervade tutto il dipanarsi del disco.

Quando lentamente il tono sale, fino a divenire quasi un grido liberatorio (Something, Rejoice), si giunge all’apice di quel percorso catartico che Sprained Ankle vuole essere. Da  qui in poi i toni tornano a farsi soffusi  conducendo fino alla conclusiva elegia pianistica di Go Home.

Un album coinvolgente, in bilico tra la dolcezza di un animo sensibile e una rabbia che chiede di essere estinta per poter divenire punto di partenza per un nuovo inizio. Un racconto dal sapore autobiografico che può essere letto come una riflessione su temi di respiro universale.

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