Cambiare direzione è sempre un dilemma. Chi lascia la via vecchia per la nuova… Però contemporaneamente cambiare può aprire nuovi orizzonti e prospettive.
Ma visto che i nostri avi ci insegnano che In medio stat virtus, anche a questo dilemma possiamo trovare una soluzione: cambiate, sì, ma non troppo.
E della bontà delle vie di mezzo sembrano essersi ricordati anche i Portico. Vi ricordate i Portico Quartet? La band che ci aveva deliziato col suo jazz dalle venature folk prima e poi con lo splendido (self-titled) album del 2012 in cui, cambiando direzione, mostravano tutta la loro capacità di mescolare elettronica e jazz?
Bene, ora non sono più un “quartet”, ma un terzetto, così che il nome si è accorciato. E non solo. La band ha firmato per l’etichetta Ninja Tune (che ha a cuore l’elettronica di un certo spessore e le atmosfere “ambient”) ed ha intrapreso la strada per questo “nuovo esordio” chiamato Living Fields.
Tanti cambiamenti sì, ma non troppi. La quasi perfezione raggiunta con l’ultimo lavoro targato Portico Quartet è collegata a filo diretto con il nuovo lavoro. Meno evidente l’impronta jazz, forse, ma sempre chiare rimangono le capacità e il background della band londinese, mentre maggiore spazio è dato ad una elettronica molto contemporanea dagli sprazzi soul.
In questo ha contribuito molto anche la presenza del “compagno di etichetta” Jono McCleary che presta la sua voce in molti pezzi (ben 4 sui 9 del disco) e che trova la propria vetta in quello che probabilmente è il miglior pezzo del disco, la splendida Colour Fading.
Ma questo non è il solo “cameo” presente: i Portico infatti (altra novità) abbandonano il loro approccio strumentale e riempiono il disco di voci. Oltre a Jono McCleery è presente in tre tracce Joe Newman, ai più conosciuto come il cantante degli Alt-j.
A lui il compito di dare un tocco più pop ad alcuni pezzi, tra i quali spicca il primo singolo (non a caso), la bella 101. Impressiona come la voce di Newman non sembri essere una banale operazione di “collaborazione a fini commerciali”, ma un qualcosa di naturalmente consistente con il nuovo corso della band.
Ultima canzone del disco ed ultima collaborazione è Memory Of Newness che vede alla voce quel portento di Jamie Woon, capace di viaggare in punta di piedi sulle note finali di questo bellissimo disco.
Un album raffinatissimo e dalle atmosfere cupe, che vede la band inglese aprire un nuovo corso pieno di ottime prospettive. Senza scordarsi del passato. Che ha un sacco di cose da insegnare.
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