Sin da quando ero piccolo ho viaggiato molto. Sono stato in tanti posti lontani e vicini. Molte di queste località sono abbastanza assurde, e le ho visitate spesso per il semplice gusto di vedere un posto nuovo, per aggiungere un tassello (seppur piccolo) a quello che conoscevo.
Perchè, per citare i due neuroscienziati Ethan Bromberg-Martin e Okihide Hikosaka, “All things being equal, it is better to seek knowledge than to seek ignorance” (reference qui).
Sono stato in tanti posti, è vero, ma non sono mai stato in un paese relativamente vicino che, a detta di tutti, merita davvero di essere visitato: il Portogallo. Forse è arrivato il momento di andare, non fosse altro che per tutte le volte che vi abbiamo raccontato della musica proveniente da questa terra.
Ancora una volta infatti siamo qui a parlarvi di Leiria e della Omnichord Records, etichetta che negli ultimi anni sta sfornando un numero sempre maggiore di interessanti proposte.
Questa volta però torniamo all’inizio, alla band che per prima ci ha aperto la porta sulla interessante realtà portoghese. Ad inizio Maggio infatti è uscito il nuovo (secondo) album dei First Breath After Coma, la nostra post-rock band portoghese preferita.
Di loro vi avevamo già parlato tre anni fa, per raccontarvi The Misadventures Of Anthony Knivet, il loro bellissimo debut. Ora Roberto Caetano, Telmo Soares, Rui Gaspar, Pedro Marques e Joao Marques sono tornati con Drifter, e le aspettative sono state ben ripagate.
Rimangono le atmosfere che avevamo incontrato nel loro primo album: un post-rock sempre molto delicato e dreamy (ascoltatevi la bellissimi Tierra del fuego: La mar) che raggiunge momenti eterei in pezzi come Dandelions (e la sua “intro” Petrichor).
Se il primo singolo, Salty Eyes, è una bellissima cavalcata accompagnata dalla brezza marina che direttamente si collega al primo lavoro dei FBAC (così come la seguente Gold Morning Days), in Drifter la band portoghese aggiunge alla propria “tavolozza di colori” anche dei toni più cupi, come nella bella e toccante Umbrae (in collaborazione con Noiserv), secondo singolo accompagnato da un video un po’ “disturbante” (soprattutto se come me da piccolo avevate paura dei pagliacci) realizzato dagli stessi Rui Gaspar e Telmo Soares.
Un disco ben fatto che conferma la bravura di questi ragazzi di Leiria, capaci anche di mostrarci nuove possibili direzioni per il futuro della loro musica. E’ questo il caso dei due pezzi conclusivi, Seven Seas e Warmly: il primo è una raffinatissima suite electro-soul, il secondo un pezzo che strumentale che, “con calore”, accompagna la chiusura di Drifter.
Non sono mai stato in Portogallo, e sarebbe davvero il caso di rimediare a questa mancanza. Magari qualcuno a Leiria potrebbe invitarmi (disclaimer: non si fanno recensioni in cambio di inviti. A meno che non provengano da città in cui non sono ancora stato. ehm)
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