Elle Mary and The Bad Men – Constant Unfailing Night (Intervista)

Vieri Giuliano Santucci per TRISTE©

I propri ricordi e il modo in cui ci rapportiamo ad essi costituiscono un parte integrante del nostro modo di essere.

Semplificando (molto) il pensiero degli empiristi inglesi (vi ricordate di Locke, Berkeley e Hume?) potremmo dire che siamo quello che abbiamo vissuto.

Ma non solo: proprio quello che abbiamo vissuto ci aiuta a cambiare ed essere diversi nel futuro.

Lo sa bene Elin Rossiter, aka Elle Mary, artista gallese di base a Manchester che insieme ai The Bad Man (Michael Dubec e Pete Sitch) ha dato alla luce il suo ottimo debut Constant Unfailing Night, uscito anche per l’etichetta romana A Modest Proposal Records, sempre brava a proporre chicche davvero interessanti.

Le nove tracce che costituiscono questo disco sono un’immersione nel mondo di Elin Rossiter: un forte senso di sincera intimità pervade ogni canzone, che grazie ad una produzione scarna ma molto efficace porta alla luce tutta l’intensità e la bravura della songwriter gallese.

Un folk cupo (con qualche “raggio di sole” come la bella e conclusiva Later), in cui la biografia di Elin gioca sicuramente un ruolo centrale. Un disco tutto da scoprire, che qui di seguito potete approfondire grazie alla nostra intervista con Elle Mary (uscita in anteprima per D.A.T.E. HUB), in cui abbiamo cercato di toccare alcuni degli aspetti più interessanti legati a Constant Unfailing Night.

TRISTE©Constant Unfailing Night è il tuo primo album. È il risultato di un lungo processo di scrittura (3 anni). A volte è difficile trovare il giusto modo di esprimere un pensiero, un’intenzione, o un’emozione. Inoltre il tempo è un giudice severo, che può spingere a sentirsi sempre poco sicuri delle prime stesure di quello che si è scritto/prodotto/etc. Queste due componenti sono state presenti nella creazione delle canzoni? Quali sono state le tue sensazioni durante la scrittura di Constant Unfailing Night?
Elle Mary – Credo ci sia parte di questo. A volte mi chiedo “abbiamo scritto solo 9 canzoni in 3 anni?”, ma so che questo non è vero. Ho scritto molte canzoni, e avere tutto questo tempo per lavorarci mi ha permesso di filtrare quelle che non erano buone abbastanza, o sincere abbastanza, e ora queste sono andate e non mi mancano. Ma penso che le canzoni escluse siano importanti come quelle rimaste. È un processo, e tu pubblichi quello in cui sei stato coinvolto, sia che fosse una cattiva o una buona canzone.

Il disco – i suoi testi e il suo mood – ha un punto di vista estremamente personale. Sembra che tu stia aprendo le porte della tua camera per farci entrare. È stato semplice condividere questa prospettiva con gli altri membri della band?
EM – Ahah! Questo è proprio vero. Ho scritto il disco a casa, da sola! I ragazzi della band sono fantastici e penso mi abbiano accettato per come sono. Qualche volta ho probabilmente condiviso anche troppo con loro, ma sono ancora qui. Penso abbiano capito l’atmosfera delle canzoni molto bene anche se non si sono soffermati troppo sui testi. Sono in grado di connettersi con quelle atmosfere.

È una cosa abbastanza comune il guardare indietro a quello che ci ha fatto penare durante la vita e pensare a quei momenti in un modo completamente diverso. A volte la distanza (nel tempo) pone una luce differente sulle cose ed anche sui sentimenti. Le tue canzoni sembrano mostrare questo cambiamento, ma allo stesso tempo sono in grado di tramettere la forza degli eventi che le hanno generate. Come sono bilanciate queste due componenti nella tua scrittura?
EM – Sicuramente il mio rapporto con le canzoni muta nel tempo. Posso scrivere una cosa di getto ma dopo qualche anno rapportami ad essa in un nuovo modo, basato sulle mie nuove esperienze o prospettive. In verità le canzoni non cambiano, ma io sì. Credo che a bilanciare il tutto sia la sincerità.

L’intero album trasmette costantemente un forte senso di “assenza”. Anche la musica (specialmente in canzoni come “Dark”, “Happiness” o “Ocean”) riflette perfettamente il vuoto che questa “assenza” si è lasciato dietro. Il processo di scrittura delle canzoni parte dai testi o una più forte influenza reciproca tra musica e parole si è creata durante le registrazioni?
EM – Ho sempre apprezzato la semplicità nella scrittura e nella musica. Amo le sonorità dei Bedhead, di Bill Callahan, di Arthur Russel. Sembrano molto semplici ma credo davvero siano “pacatamente” complesse. Non vogliono cercare di impressionarti, ma semplicemente lo fanno. Avere quello spazio (dato dalla semplicità, ndr) significa che tu puoi inferire cose col tuo modo di vedere. A volte puoi letteralmente sentire delle note dove non ci sono. Sento come se si formasse una più profonda connessione. Il tema dell’assenza è presente in forme diverse, è vero, e si addice al setup minimale del disco.

Nonostante l’approccio principalmente intellettuale e psicologico con cui affronti i temi delle tue canzoni, in molte occasioni ti riferisci “agli aspetti fisici” della tua esperienza. La pelle, le mani, le braccia, il corpo. Sembra che tutti gli eventi importanti che attraversiamo ci lascino una sorta di memoria-corporale che si presenta con maggiore intensità nell’assenza.
EM – Questo è un punto interessante. Forse uno che non avevo notato prima. Sei tu e il tuo corpo e la tua memoria. Queste cose sembrano avere una loro entità specifica, non è vero? Quale di queste sono io? Tutte insieme. Tra parentesi, io soffro di anosmia. Non sento gli odori. Quindi, forse, quello che mi perdo della nostalgia degli odori lo recupero con il senso del tatto?

L’ambiente e i posti dove passiamo la maggior parte del tempo hanno un grande potere di influenzare diversi aspetti delle nostre vite e del nostro modo di pensare. Quanta Manchester e, rispetto alla tua vita passata, quanto Galles c’è in questo album?
EM – Ho trovato in Manchester una casa di cui non sembra io voglia far molto parte. Mi sono spostata molto crescendo e non ho un grande attaccamento ai posti nel senso di “radici”. Manchester ha una sua vita specifica che è affascinante, è psico-geografia. È cambiata così tanto nel corso della sua storia ed anche nei 10 anni in cui ci ho vissuto. Ma questo album è più legato alle persone e alle connesioni emotive avute con loro che ai luoghi.

A Novembre sarai in Italia per un tour di 6 date. Sei mai stata nel nostro paese? Hai delle aspettative, anche in relazione alla risposta del pubblico?
EM – In verità ho passato 3 mesi a Padova quando avevo 18 anni quindi ho qualche esperienza dell’Italia! Amo l’Italia ed ero certa che sarei scappata là quando ero più giovane. Forse lo farò quando sarò cresciuta. Non mi piace avere aspettative di nessun tipo, ma farò del mio meglio per dar vita ad un buon spettacolo e fare delle amicizie nel viaggio :)!

Un pensiero su “Elle Mary and The Bad Men – Constant Unfailing Night (Intervista)

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