“To see a World in a Grain of Sand
And a Heaven in a Wild Flower
Hold Infinity in the palm of your hand
And Eternity in an hour”
I versi immortali di William Blake sono tra i più noti e citati di una forma d’arte antichissima e nobilissima che pare sia in via d’estinzione.
Sì, perché se c’è una forma d’arte che è morta più spesso del rock and roll, quella è di sicuro la poesia.
Basterà farsi un giro in rete per scoprire quanti necrologi ci sono e quante analisi più o meno accurate spiegano la disaffezione per la poesia da parte delle masse.
Eppure (come per il rock e i suoi derivati) la poesia sopravvive ogni giorno alla sua (presunta) morte. Non vi è dubbio che pochi ormai leggano poesia e che ancor meno la pubblichino (ciò non di meno, sono ancora tantissimi a scriverla).
Pur non avendo la capacità di addentrarmi in un simile dibattito, sono, però, convinto che la poesia abbia ancora la forza, anche in un nuovo millennio caratterizzato dalla contemplazione del brutto e dall’esaltazione del nulla artistico (e non), di compiere veri e propri miracoli, quasi che i versi fossero sempre (pure se non compresi fino in fondo) una formula magica, un abracadabra che permetta ai pensieri di elevarsi, ai sentimenti di farsi concreti e ai desideri di divenire realtà.
Succede ancora. E’ successo, ancora, proprio poco tempo fa: una sera Chantal Acda, cantante e musicista olandese molto amata e piena di talento, invitata a suonare alcune canzoni durante una serata di poesia, è rimasta così conquistata da una delle performance che, tornata a casa, ha subito sentito la necessità di mettere in musica i versi appena ascoltati.
Il giorno dopo ha contattato l’autrice dei versi ed è nato così, in maniera del tutto estemporanea e inaspettata, come per magia, il progetto Nu Nog Even Niet che vede coinvolte Chantal Acda, appunto, e la poetessa olandese Lotte Dodion.
Il risultato di questo incontro fortuito sono due e.p., semplicemente titolati #1 e #2 (per undici composizioni), nei quali Chantal ha prestato tutta la sua sensibilità musicale ai versi della Dodion, rivestendo le sue poesie in lingua olandese di sottili trame elettroniche, di pianoforte e di delicati tocchi di chitarra acustica, di percussioni discrete e arrangiamenti minimali ma caldi e avvolgenti, cantandone i versi con la solita inconfondibile voce, forte e fragile, profondamente espressiva.
Così come per il dibattito sulla poesia non ho gli strumenti intellettuali per intervenire, in questo caso mi mancano gli strumenti linguistici per comprendere il significato delle poesie musicate della Acda, anche se alcuni brani hanno titoli inglesi o facilmente comprensibili (le splendide Nosferatu e Huston We Have A Problem).
Eppure basta il semplice suono della sua voce (in questo caso uno strumento musicale in più, vista l’assoluta inintelligibilità del testo) ad ammaliarmi, sedurmi e portarmi lontano, compiendo, ancora una volta, quel miracolo che solo la poesia riesce a compiere (anche quando, come si diceva, non compresa).
A quanto pare, le poesie di Lotte Dodion “parlano della vita. Di amori perduti, della ricerca di contatti e relazioni e delle storie che tutti ci portiamo dietro” (parole testuali della sempre gentilissima e disponibile Chantal, interrogata circa il contenuto dei testi).
Ma le spiegazioni sono superflue: basta la musica e la voce di Chantal Acda per rimanere profondamente avvinti a questo piccolo dono splendidamente confezionato (esce in vinile il 9 Giugno per la fantastica etichetta tedesca Oscarson) che ci viene porto quasi con timidezza, così amabile e così misterioso per noi non “olandofoni”, da risultare ancora più affascinante.
Pingback: Francesco Amoroso racconta il (suo) 2018 – Parte I | Indie Sunset in Rome