Eve Adams – Metal Bird

Francesco Amoroso per TRISTE©

Dopo tanti anni passati a scrivere di musica è inevitabile il rischio di ripetersi.
Accade che gli stessi concetti vengano ripetuti a distanza di pochi giorni. E, a volte, capita anche di contraddirsi.
Proprio un paio di giorni fa, appunto, sempre su queste “pagine“, mi lamentavo della follia del music business che in alcune occasioni impedisce a noi appassionati di musica di ascoltare album e artisti che meriterebbero maggior visibilità (e una più capillare e fruibile distribuzione).

Per fortuna capita anche (ma ben più raramente) che gli addetti ai lavori si facciano perdonare le loro scelte (il più delle volte) scellerate e incomprensibili: è il caso della pubblicazione arrivata a inizio anno del nuovo lavoro della cantautrice americana Eve Adams che, senza l’intervento dell’etichetta Basin Rock, sarebbe rimasto probabilmente negletto e trascurato.

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Lonny – Ex-Voto

Francesco Amoroso per TRISTE©

Più ti avvicini a un individuo, più assomiglia a un quadro impressionista, o a un muro
scorticato dal tempo e dalle intemperie: diventa insomma un coagulo di macchie insensate, di grumi, di tracce indecifrabili.
Ti allontani, viceversa, e quello stesso individuo comincia ad assomigliare troppo

agli altri“.
(E. Trevi, Due Vite)

Capisco quelli che, in tutta sincerità, quando c’è una chitarra acustica, una voce intensa, magari degli arrangiamenti sparsi e delicati e dei testi introspettivi, ci raccontano che la musica di derivazione folk è tutta uguale, che non c’è nulla di nuovo, non un guizzo di originalità.
Li capisco e li compatisco, un po’.
Li capisco perché, come dice Emanuele Trevi nel romanzo vincitore dell’ultimo Premio Strega, quando si guarda qualcuno da lontano, con superficialità, questo individuo finisce per assomigliare a tutti gli altri e non se ne colgono le peculiarità, l’unicità. E, viceversa, avvicinarsi troppo a qualcuno può essere pericoloso: che la persona con la quale si interloquisce (o la musica che si ascolta) possa risultare indecifrabile è un rischio che per molti non vale la pena correre.
Li compatisco perché, con questo approccio, rischiano di perdersi meraviglie nascoste, gioielli che hanno bisogno che si trovi la giusta distanza per guardarli, perché possano davvero brillare.
E’, senza dubbio alcuno, il caso dell’album d’esordio di Lonny, Ex-Voto.

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Lurve – Lurve/ Перемотка – Начало прекрасной дружбы

Francesco Amoroso per TRISTE©

Ho un’insana passione per l’indie “esotico” e per tutta la musica di matrice anglosassone, in particolare quella dei primi anni ottanta (e non poteva essere altrimenti) interpretata e suonata da band le cui sonorità dovrebbero, di norma, esplorare lidi sonori diversi.
Probabilmente è perché mi diverte e mi emoziona ascoltare artisti provenienti da tutto il mondo accomunati dalla passione comune per certi suoni: le chitarre scintillanti, le linee di basso profonde, le ritmiche incalzanti e le melodie cristalline.
Nel corso degli anni ho ascoltato e scoperto band filippine, indonesiane, cinesi, ceche, sudamericane (per non parlare di francesi e italiane) che sfoderavano con passione e notevole attitudine le loro canzoni a presa rapida, melodiche, malinconiche e sognanti, incuranti della distanza che le separava sia dalla terra che questi suoni ha visto nascere, sia dall’epoca in cui hanno preso forma.

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Tasha – Tell Me What You Miss The Most

Francesco Amoroso per TRISTE©

La categoria dei cosiddetti Break-Up Albums, gli album che sono ispirati e che parlano della fine di un rapporto amoroso, è affollatissima ed eterogenea.
Praticamente chiunque si è cimentato nello scrivere un album che racconti di abbandoni, separazioni forzate, perdite dell’amore e fine di una relazione.
In rete si trovano decine di classifiche dei migliori “break-up albums” di sempre e ci si possono trovare Frank Sinatra e i Radiohead, Lorde e Bruce Springsteen, Adele e Nick Cave, addirittura gli Slowdive (anche se il più gettonato rimane Rumors dei Fleetwood Mac).
Sembra, insomma che, quale che sia il tuo genere di musica di riferimento, devi, in carriera, scrivere almeno un album sulla fine della tua relazione. ma non è difficile: si sa che gli artisti hanno vite sentimentali di solito burrascose (ad eccezione, forse, di Robert Smith dei Cure, che sta con Mary da quando era ragazzino, eppure, con Disintegration, magari scritto in un momento di crisi del rapporto, è riuscito anche lui a entrare nella categoria dei break-up albums).

Se ne deve dedurre, quindi, che la fine di una relazione sia un argomento trito e ormai fin troppo sfruttato? Potrei propendere per una risposta positiva, se non fosse per l’uscita, recentissima, del secondo lavoro dell’artista chicagoana Tasha, Tell Me What You Miss The Most.

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Starlight Assembly – Starlight And Still Air

Francesco Amoroso per TRISTE©

I’ll hold this moment
In my mind’s eye
A heartbeat
A tension
A moment

Correva l’anno 1986 ed io, giovane di provincia ai primi passi nella musica indipendente, mi innamorai perdutamente della voce di Dominic Appleton.
L’avevo scoperta con il primo album della sua band, i Breathless, titolato The Glass Bead Game – titolo preso da uno dei romanzi di Herman Hesse che, all’epoca, andavano per la maggiore tra gli adolescenti che volevano mostrarsi impegnati – che qualcuno mi aveva registrato su una cassetta.

La musica della band inglese mi risultò ostica al primo impatto, ma la voce di Dominic mi colpì immediatamente e, così, quando mi capitò di ascoltarla nuovamente, poco dopo, impegnata a cantare ben tre brani in quel capolavoro di Filigree & Shadow, seconda opera a firma This Mortal Coil, l’amore era cosa fatta.
Nella mia lunga esperienza di ascoltatore, mi è capitato raramente di imbattermi in voci altrettanto capaci di caratterizzare una canzone e di imprimersi nel DNA di una band come accade con la voce di Dominic, con il suo timbro nasale, il suo incedere cantilenante, i suoi sottili difetti di pronuncia che le conferiscono ancora maggiore personalità e unicità.

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