Francesco Amoroso per TRISTE©
“E poi diciamolo: in questo mondo è difficile pensare a chiunque come a una persona vera. Sono tutte immagini su qualche schermo. Perfino quelli che conosciamo di persona alla fine si riducono a un’immagine su uno schermo, quando interagiamo con loro e con i loro account sui social“.
“Se credessimo a tutti, se credessimo davvero che gli altri esistono, allora dovremmo preoccuparcene. Dovremmo cambiare le nostre vite.”
(Jason Mott – Che razza di libro!)
Crediamo di conoscere gli altri ma, come diceva il cupo Robert Smith tanti anni fa, “no one ever knows or loves another“. L’ottimistico adagio vale ancora di più per gli incontri che si fanno online (per non parlare delle situazioni sentimentali che nascono in rete).
Conosciamo e ci innamoriamo di un’icona, un’immagine un simulacro di qualcuno che non siamo esattamente sicuri chi sia veramente o se esista, addirittura.
Eppure la nostra fiducia rimane sempre piuttosto salda, nonostante tutto. Ai limiti della credulità. Crediamo e, allo stesso tempo, siamo scettici su tutto. Gli altri esistono finché ci sta bene che esistano. Quando diventano un problema, in fondo, basterà cancellarli, con un click.
Quando ho letto, nel mio perpetuo vagare in rete in cerca di nuova musica eccitante, che c’era una promettente artista all’esordio il cui nome era Shirley Hurt, nell’ascoltare le sue prime canzoni mi sono stupito di come il suo cognome si adattasse perfettamente ai testi, senza che mi sia passato per la testa che quello fosse un nome d’arte. Che dietro quelle canzoni sincere, ci fosse, comunque, una piccola messa in scena.
Ma, si sa, crediamo a ciò a cui vogliamo credere.