Shirley Hurt – Shirley Hurt

Francesco Amoroso per TRISTE©

“E poi diciamolo: in questo mondo è difficile pensare a chiunque come a una persona vera. Sono tutte immagini su qualche schermo. Perfino quelli che conosciamo di persona alla fine si riducono a un’immagine su uno schermo, quando interagiamo con loro e con i loro account sui social“.
“Se credessimo a tutti, se credessimo davvero che gli altri esistono, allora dovremmo preoccuparcene. Dovremmo cambiare le nostre vite.”

(Jason Mott – Che razza di libro!)

Crediamo di conoscere gli altri ma, come diceva il cupo Robert Smith tanti anni fa, “no one ever knows or loves another“. L’ottimistico adagio vale ancora di più per gli incontri che si fanno online (per non parlare delle situazioni sentimentali che nascono in rete).
Conosciamo e ci innamoriamo di un’icona, un’immagine un simulacro di qualcuno che non siamo esattamente sicuri chi sia veramente o se esista, addirittura.
Eppure la nostra fiducia rimane sempre piuttosto salda, nonostante tutto. Ai limiti della credulità. Crediamo e, allo stesso tempo, siamo scettici su tutto. Gli altri esistono finché ci sta bene che esistano. Quando diventano un problema, in fondo, basterà cancellarli, con un click.
Quando ho letto, nel mio perpetuo vagare in rete in cerca di nuova musica eccitante, che c’era una promettente artista all’esordio il cui nome era Shirley Hurt, nell’ascoltare le sue prime canzoni mi sono stupito di come il suo cognome si adattasse perfettamente ai testi, senza che mi sia passato per la testa che quello fosse un nome d’arte. Che dietro quelle canzoni sincere, ci fosse, comunque, una piccola messa in scena.
Ma, si sa, crediamo a ciò a cui vogliamo credere.

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Lila Tristram And The Last Dinosaur – Black and White Memories Ignited by the Scent of Springtime Explode in Colour

Francesco Amoroso per TRISTE©

“The meeting of two personalities is like the contact of two chemical substances: if there is any reaction, both are transformed.”
C.G. Jung – Modern Man in Search of a Soul 

Contrariamente a quanto afferma Jung (forse l’ha detto direttamente in inglese) può capitare, qualche volta, che l’incontro tra due personalità in qualche modo affini, due anime, se vogliamo dirla in maniera poetica, non le trasformi automaticamente ma ne esalti le caratteristiche, le aiuti a sbocciare o a splendere in maniera più intensa.
E’ quanto è accaduto a Lila Tristram e Jamie Cameron, musicisti londinesi che condividevano già una certa attitudine malinconica, minimalista e intima verso la musica.
Non saprei dire come è avvenuto l’incontro tra Tristram e Cameron (principale artefice del magnifico progetto The Last Dinosaur), ma posso dirvi la data: il 25 maggio del 2019.
Posso, poiché il lungo brano che chiude il loro emozionante EP collaborativo ha come sottotitolo Recollections on the Day We First Met, 25th of May 2019.

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Alliyah Enyo – Echo’s Disintegration

Francesco Amoroso per TRISTE©

Una premessa è doverosa: questa non è una recensione. Non che le altre cose che scrivo qui lo siano in maniera incontrovertibile, ma, quando le scrivo, l’intento neanche tanto velato sarebbe quello. In questo caso non ci provo neanche. Non ho gli strumenti adatti, né la cultura adeguata, né, tantomeno la voglia.
Forse mi sto spingendo troppo oltre, in territori per me non troppo esplorati e avrei fatto meglio a raccontare dell’ennesimo disco folk o jangle pop (ce ne sono tanti di cui mi piacerebbe ancora parlare e che meriterebbero) oppure, giusto per attirare qualche click o qualche polemica (che poi fanno sempre un sacco di click) avrei potuto scrivere una bella classifica dei migliori dischi di una decade a caso.
Ma sento il bisogno di rischiare e proverò a parlare di Echo’s Disintegration, la prima testimonianza incisa dell’arte della giovane musicista di Leeds (trapiantata a Edimburgo) Alliyah Enyo.

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Sophie Jamieson – Choosing

Francesco Amoroso per TRISTE©

Sophie Jamieson arriva da Londra e scrive canzoni intime, fragili, viscerali e disperatamente oneste.
Forse, nel leggere una presentazione del genere, avrete pensato che, in fondo, non ci sono particolari novità e che di giovani musiciste che cantano indossando il proprio cuore sulle maniche* (dovrei dire “cantano con il cuore in mano”, ma la traduzione letterale dell’espressione inglese, amata da Shakespeare, mi sembra decisamente più d’effetto) ce ne sono tante.
Allora vi avverto subito: Sophie Jamieson eleva queste caratteristiche all’ennesima potenza.
Quando ho avuto occasione di parlarle (sempre grazie a Rockerilla!), mentre mi raccontava, con estremo candore, le vicissitudini che hanno preceduto (e ritardato) l’uscita di Choosing, il suo album d’esordio, più volte ho avuto la sensazione che Sophie si trovasse sull’orlo della commozione, che la sua confessione fosse così emotivamente sentita che proseguire le pesasse. Eppure le sue risposte hanno continuato ad arrivare, sincere, dirette, crude. A costo di farsi male.

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Field School – When Summer Comes

Francesco Amoroso per TRISTE©

Piovve tutta la notte
Sulle memorie dell’estate”
(A. Pozzi, Morte di una stagione)

Ho vanamente tentato di rovistare nella memoria, alla ricerca di questi due brevi versi della poetessa Antonia Pozzi citati in esergo, ma ho dovuto arrendermi (arrendermi al decadimento della memoria, ma anche al mio cervello sempre più pigro e abituato ai supporti tecnologici) e, nel cercarli in rete, mi sono imbattuto in quello che, un’altra poetessa, Cristina Campo -che, confesso, conosco pochissimo-, scriveva a un’amica: “Antonia Pozzi dice: Piovve tutta la notte sulle memorie dell’estate. Così voglio credere che stamattina sia settembre — le memorie di questa estate già sepolte, come le foglie fradicie. Bisogna vivere tutto fino in fondo. Ogni volta che si torna indietro è per tracciare di nuovo il cerchio, ancora e ancora finché non sia perfetto.“ (dalla lettera a Margherita Pieracci Harwell del 27 luglio 1957. Cristina Campo – Lettere a Mita).
When Summer Comes, l’album d’esordio di Field School, nome d’arte di Charles Bert, con le sue dodici canzoni, afferma esattamente quello che prima Antonia Pozzi e poi Cristina Campo avevano così magnificamente espresso.
Ma andiamo in ordine.

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