Siamo a fine Ottobre, ma ancora le temperature sembrano non essersene accorte. Sono tornato a casa nel week-end appena passato e anche mia nonna ha sottolineato che pure io (sì, pure io che in genere mi vesto a 7 strati solo perchè ci sono 3-4 gradi di meno rispetto al solito) andavo in giro solo con la t-shirt come d’estate.
Ma è fine Ottobre. E sarebbe giusto che il clima rispettasse il calendario. Almeno secondo me. Anche perchè cominciano ad uscire dischi che trovano il loro naturale microclima nelle temperature più rigide. Un po’ come Nebula, il nuovo lavoro Rhò.
E non solo perchè il bel video del “singolo” di questo EP, As you Hope, è girato tra le nevi dei Monti Sibillini, ma perchè in generale la musica (le composizioni) di Rocco Centrella (il nome dietro il moniker Rhò) guarda al di là delle Alpi, verso nord. Molto nord. Tant’è che i richiami sono quelli di terre da aurore boreali e freddo per 10 mesi l’anno.
Delle grandi capacità di questo aritsta italiano (continuamente proteso verso più ampi orizzonti) vi avevamo già parlato nella review di un suo live. E, in seguito, proprio per parlarvi di As You Hope, bellissimo pezzo che fu scelto nientedimenoche da Ridley Scott per il trailer del suo docufilm, Killing Kennedy. E proprio As You Hope diventa la “scusa” per questo nuovo EP, Nebula.
Quando ho avuto sotto mano questo nuovo lavoro, già dalla lettura della durata dei pezzi ho immaginato di potermi trovare di fronte ad un cambiamento: l’ottimo debut di Rhò, Kyrie Eleison, presentava, mediamente, pezzi molto estesi, alcuni dei quali ben oltre i 6 minuti. Non che questo fosse un limite: Rocco è in grado di riempire queste tempistiche con le sue composizioni e le sue melodie, trascinando e sollevando chi ascolta.
Ma in questo nuovo EP, Rhò decide di sperimentare qualcosa di diverso: avvicinarsi maggiormente a quella che è la struttura di una canzone più classica, più pop. E il risultato è di grande qualità.
L’ascolto conferma quindi la mia ipotesi: se la già citata As You Hope è un naturale continuamento delle registrazioni di Kyrie Eleison (e anche il pezzo più lungo dell’EP), le tre canzoni che completano Nebula sono, ciascuna, un passo verso il raggiungimento di nuove sperimentazioni. Dalla bella Waterfall (splendido il climax incessante di quel piano), che ancora si avvicina in modo più diretto ai lavori precedenti, si passa poi per la cover in chiave synth-pop di Many of Horror dei Biffy Clyro (migliore dell’originale, almeno per me), fino a raggiungere quello che è il pezzo più “innovativo” e più “pop” del disco, Footsteps.
Pop nel senso della struttura della canzone, innovativo nel senso che in questo pezzo si intravedono nuoce possibili vie per questo autore italiano. Non che Rhò abbia snaturato il proprio stile: Nebula rispecchia quelle atmosfere delicate ed eteree, intrise di una lieve malinconia, che caratterizzano anche i lavori precedenti.
Ma quell’elettronica dal sottofondo folk, quei synth eterei da bicchiere di wisky di fronte al camino acceso e neve alla finestra (ho deciso di indentificare tutto questo mix di generi e mood in una nuova definizione musicale che definirò, d’ora in poi, come snow-core. Come le altre etichette inventate dai critici non vuol dire un gran che, ma credo sia un nome figo che può funzionare. Ricordatevi che l’ho invetato io) ehm, dicevamo, tali atmosfere caratteristiche del lavoro di Rhò sembrano potersi trasformare in qualcosa dalle venature più (electro-)soul, vicine ai lavori di autori come Barbarossa (non Luca), John Grant o Chet Faker.
I paragoni sono importanti, ma anche le potenzialità di Rhò. Cosa aspettarci dai suoi futuri lavori dipende solo da lui. Quello che Nebula ha mostrato a noi (e a lui) è la sua capacità di poter riuscire a cimentarsi, con ottimi risultati, in qualunque dei bivi decida di prendere.
Io nel frettampo attendo che le temperature cambino, per smetterla di sudare causa scarsa capacità di valutare come vestirsi e per ascoltare, con il giusto clima e mood, un po’ di snow-core, qualunque cosa voglia dire (ma in ogni caso ricordatevi che il termine l’ho inventato io).