Di quale sete ci disseteremo / e quale luce ci raggiungerà al mattino / di quale volo le nostre ali di cartone / stanno volando già.
Questo testo è di Luca Barbarossa. Cantautore (…) italiano. E potete stare tranquilli. Non è di lui che parliamo.
Bloodlines è il nuovo disco del londinese James Mathé, aka Barbarossa. Eccovi la nostra review.
Il debut album di James Mathè, Chemical Campfire, uscito nel 2007, era un bel concentrato di alt-folk con una decisa vena country. Onesto e interessante. Se lo avete ascoltato, tenetelo bene a mente. Con Bloodlines non c’entra assolutamente nulla.
Beh, non è proprio vero: l’impronta del cantato e alcuni pezzi (come Battles) lasciano intravedere il background del nostro James. Per il resto però, il nuovo disco porta con sè un cambiamento deciso avvenuto negli anni trascorsi dal primo album ad oggi: l”abbandono” della chitarra acustica per sonorità ricche di arrangiamenti e suoni elettronici.
Se la bella Turbine è un fulmine di elettro-rock all’interno del disco e il singolo Pagliaccio richiama, come sottolineato da molti, atmosfere à la Hot Chip, il filo conduttore di questo disco è la voce del Mathè, che pesca a piene mani nel soul più classico, fondendolo con azzeccate ritmiche elettro e molto “dreamy” (ottimo esempio, S.I.H.F.F.Y.).
E se la chitarra di Saviour Self sembra introdurre ad una ballad di vecchio Rock’n’Roll è forse proprio la title track, Bloodlines, ad essere la canzone più rappresentativa di questo disco e di questa svolta di Barbarossa, che per certi versi si affianca con questo disco ad approcci più simili a quelli di un Anthony Hegarthy o, più recentemente, di un Woodkid.
Un disco molto interessante, che nonostante qualche momento meno ispirato mostra la grande capacità di questo artista di mescolare e reinventare molti riferimenti, dando vita ad un prodotto capace di evidenziarsi per un certa originalità.
Insomma, un pò come il nostro Luca nazionale…No. Proprio no.
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