Birthh – Born in the Woods

Sara Timpanaro per TRISTE©

Quando ripenso alla mia adolescenza riaffiorano ricordi un po’ confusi, forse anche perché per me questo stadio sta per concludersi con difficoltà.

In psicoanalisi l’adolescenza è definita come quel processo di riorganizzazione del mondo interno, dove convivono insieme affetti, desideri e identificazioni, un momento di profondo cambiamento che spesso genera emozioni contrastanti e di difficile realizzazione.

Alice Bisi, alias Birthh, è una giovanissima e bravissima musicista il cui primo album, Born in the Woods, esce proprio oggi (18 marzo) per la sempre interessante We Were Never Being Boring, e mette insieme tutti questi frammenti legati ad uno dei periodi più complessi della nostra esistenza.

Birthh_BonrInTheWoodsA conversare con noi è proprio la sua natura selvaggia, delicata e sincera, che inevitabilmente arriva dritta al cuore. Attraverso una dialettica raffinata, declinata dalla relazione tra parole e musica, crea un mix di fragilità e onestà delle proprie mancanze. Delicato e arrabbiato esattamente come lo è il mondo intimo di una giovanissima ragazza, Born in the Woods racconta Alice con umiltà ed eleganza.

Chlorine è il primo singolo di questo debut, in cui Birthh esprime se stessa con grande maturità: “You’re chlorine in my veins // The blood flooding to my brain”. Ciò che colpisce particolarmente dell’album è l’utilizzo di parole comuni alla musica classica: Prelude for the Loveless, Interlude for the Lifeless, e Interlude for the Hopeless.

In genere sono espressioni utilizzate per descrivere l’inizio e la pausa di una composizione musicale. Tali riferimenti sono probabilmente sintomo di un’attenzione non scontata, e della necessità di distinguere parti di sé nel lavoro musicale.

La voce di Alice, accompagnata da cori gospel e arrangiamenti elettronici, rendono Born in the Woods un lavoro profondo che esalta maggiormente i tormenti di un anima non ancora segnata dalle aridità tipiche, ahimè, della mia generazione (e non solo).

Anzi, genera speranza e sbigottimento, perché riaffiorano alla memoria tutte quelle belle e intense emozioni che appartengono alla spontaneità e alla genuinità di una fase di vita caduta nell’oblio.

Questa mancanza tradotta nelle parole di Queen Of Failureland “I thought love was enough // But truth is love is dead” ed in Senses “Kill my senses now, I don’t mind // if you want death, darling, death you’ll find“. Come non ricordare quei momenti in cui sentivi il mondo caderti addosso, dove ogni emozione era vissuta al massimo della sua intensità senza lasciare spazio ad altro, senza via di ritorno, qualsiasi soluzione o ipotesi non era mai abbastanza ragionevole per pensarla diversamente.

Ascoltando questo album Alice ci riporta a delle sensazioni che spesso abbiamo completamente assopito, perché con il tempo che passa ed i fallimenti che senti addosso, anestetizzi tutto.

Ed invece eccola lì, quella parte di me che ancora scalpita per essere riconosciuta nelle sue complessità e nella sua genuinità. L’album si chiude con For the Heartless: mi chiedo se sia una preghiera al nostro cuore che cerca speranzosamente di tornare ad essere intero.

2 pensieri su “Birthh – Born in the Woods

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