Il Natale è passato e i regali sono stati scartati.
Noi però ancora non abbiamo rivelato tutte le nostre selezioni di questo 2018. Le tenevamo da parte come “afterhour” per voi lettori.
“I’m Terry. Oh, you know me! There are two kinds of people in this world: not Terry, and Terry.”
Si apre così la presentazione di Terry, dividila in 4 e ottieni Al Montfort, Amy Hill, Xanthe Waite e Zephyr Pavey.
Mi sembra davvero divertente che il nome di una persona possa andare bene per 4.
Quando incontriamo qualcuno, generalmente dopo il ciao segue sempre il come stai.
Ma difficilmente diciamo come ci sentiamo e quello che proviamo realmente, ci limitiamo a dire un semplice “bene”, anche quando, a volte, saremmo molto propensi nel rispondere il contrario.
Cosa fa di un narratore un buon narratore? La sua totale semplicità e naturalezza nell’entrare in contatto con delle parti più oscure e malinconiche di sé? Riuscire ad esprimerle senza preoccupazioni?
Tutti questi elementi, credo. Perché in fondo esporsi non sempre è indice di qualcosa di negativo.
A cosa serve il passato?
Ci chiediamo spesso cosa abbiamo fatto in passato: cosa è successo qualche tempo fa, quale progetto abbiamo in testa su noi stessi. Persino Facebook si dedica al passato.
Insomma come la metti la metti, il passato racconta e narra qualcosa di te e non puoi assolutamente ignorare questo fatto.
Ieri è lo specchio di oggi.
“Esiste una forma più profonda di diniego universale: l’incapacità o il rifiuto di “vivere con” o “affrontare” continuamente verità spiacevoli”.
Il primo lavoro da solista di Kid Trails mi ha fatto venire in mente un libro che ultimamente sto divorando di Stanley Cohen. Ed è proprio vero che non sempre siamo pronti ad ammettere a noi stessi qualcosa di spiacevole.
Ma andiamo con ordine