Francesco Amoroso per TRISTE©
La sensazione costante nell’affrontare la vita è che ci vogliano sempre pronti ai blocchi di partenza, sempre scattanti, sempre di corsa, indirizzati verso qualche traguardo.
Chi si ferma è perduto, chi indugia viene lasciato indietro, chi si distrae rischia di non cogliere il momento giusto e diventare obsoleto. Pronti? Partenza… Via!
Non è prevista l’ipotesi di interrompere lo starter dopo la prima domanda e fargli comprendere che no, non siamo pronti, anche se è tutta la vita che ci alleniamo per quella corsa. Anche se fino a un attimo prima, piegati sul tartan della pista di atletica, ci sembrava che dopo lo sparo avremmo divorato il mondo, in realtà ci siamo appena resi conto che non siamo affatto pronti ad affrontare l’ennesima corsa. Anzi che abbiamo deciso di ritirarci e non correre più.
Non è una scelta contemplata – non lo è, né lo è mai stata – tanto che tra il “Pronti” e il “Via” non avremmo comunque il tempo di pronunciare nemmeno quel monosillabo che ci tirerebbe finalmente fuori dalla gara.
L’unico modo di difenderci da questa folle corsa verso il baratro è quella di ritagliarci, appena è possibile, qualche scampolo di quiete, qualche momento di riflessione e di contemplazione della bellezza.
Mi chiedo, così, ascoltando l’album d’esordio degli scozzesi Constant Follower, quante volte Stephen McAll abbia sentito il desiderio di abbandonare la corsa e quanti tentativi di rispondere “no” abbia dovuto fare prima di riuscire a trovare il suo angolo di tranquillità.
Scritto dopo dieci anni di isolamento sulla costa occidentale della Scozia, Neither Is, Nor Ever Was è un lavoro che parte da molto lontano e che, per arrivare fino a noi, ha compiuto larghissime circonvoluzioni.
In seguito a un violento attacco da parte di una gang a Glasgow, infatti, in adolescenza McAll ha subito un gravissimo trauma cranico, è rimasto temporaneamente semi-paralizzato e ha perso la propria memoria a lungo termine.
Così, nell’isolamento di una capanna delle Ebridi, ha dovuto, con pazienza e tanta, tanta calma, ricominciare da capo, scrivere sulla tabula rasa dei suoi ricordi, imparare nuovamente a comporre musica e suonare la chitarra.
Neither Is Nor Ever Was è il culmine di un percorso di guarigione lento e faticoso e ogni singola nota è una testimonianza di tale doloroso processo.
Innanzitutto c’è la voce di McAll: profonda, melodica, sconsolata a tratti, ma sempre calda e accogliente. E poi la chitarra, suonata con delicatezza e trasporto.
Sono questi gli ingredienti essenziali delle eteree composizioni di Constant Follower, arricchite da tastiere e celestiali armonie vocali. ma sono la forza della tranquillità e la quieta schiettezza che le contraddistingue a rendere le dieci canzoni di Neither Is, Nor Ever Was dei talismani potenti contro la vita che ci assale e ci travolge.
Canzoni inquiete e rassegnate, eppure piene di una luce particolare, come se fossero state tutte scritte e incise in uno spazio fisico e mentale liminale, tra il tramonto e l’alba, tra la veglia e il sonno, e poi ancora la veglia.
Set Aside Some Time, uscita la scorsa estate, era stata una delle canzoni più emotivamente potenti dell’anno e il successivo singolo I Can’t Wake You / Altona aveva rinnovato la magia del primo brano.
Tutte e tre queste superbe composizioni sono presenti in Neither Is, Nor Ever Was (ed è un bene, perché brani di questa levatura non dovrebbero mai essere destinati a perdersi tra edizioni limitate e uscite estemporanee) eppure tutto l’album è così speciale che nessuna delle nuove canzoni sfigura a loro confronto.
La produzione del grande Kramer (uno che è artefice del suono di album come On Fire dei Galaxie 500 e I Could Live In Hope dei Low, tra i tanti) per la sua Shimmy-Disc non stravolge affatto le sonorità di McAll e della sua band, rendendole, se possibile, ancora più calde, affascinanti e seducenti.
Canzoni toccanti e sublimi come The Merry Dancers On TV, Weave of the World o What’s Left to Say contengono elementi di folk e dream pop minimale che i Constant Follower riescono a fondere mirabilmente, trascendendo, allo stesso tempo, gli stilemi dei due generi. La già nota Altona e la conclusiva WEICHA aggiungono all’amalgama sonoro delicate sperimentazioni e strutture più complesse e astratte che rendono l’insieme ancora più etereo e sognante.
Lungi dall’essere un album puramente escapista, tuttavia, Neither Is, Nor Ever Was è un lavoro saldamente ancorato alla realtà poiché riconosce e abbraccia la certezza del dolore, contempla l’inevitabilità della catastrofe e riconosce la possibilità di una rinascita.
The Merry Dancers On Tv parla di bugie e di illusioni, Set Aside Some Time racconta l’ineluttabile passare del tempo e le sue conseguenze, Spirits In The Roof Tree esprime il desiderio di isolarsi e allontanarsi dalla lotta quotidiana, Weave Of The World, ancora una volta, si interroga su ciò che è reale, mentre What’s Left To Say, il brano più esplicitamente autobiografico, (“What’s left to say/ That we haven’t said, already/ It’s okay just to sit and be/ Being’s all you need be“) ci pone di fronte a un giovane che non può più parlare e che deve trovare significati nel silenzio.
Neither Is, Nor Ever Was è un album che, anche a prescindere dalle circostanze in cui è stato concepito e suonato, possiede una forza interiore spaventosa, costruita su canzoni dall’impianto scarno e che riescono, tuttavia, ad essere indimenticabili e a toccare nel profondo.
Stephen McAll non ha mai pronunciato il proprio “no” quando gli è stato chiesto se era pronto, ma è stato costretto suo malgrado a fermarsi.
E di questa sosta, di questa rinuncia, per quanto forzata, ha fatto tesoro, regalandoci un lavoro straordinario e dalla bellezza oscura e disarmante.
Non possiamo che fermarci anche noi e contemplarla attoniti.
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