Fusion. E un cantato che ama distendersi fra le piane della lingua inglese e le asperità ghiacciate di un’Islanda non troppo lontana. In sintesi, uno dei commenti più in voga su youtube è: “ma in che lingua cantano?”. In realtà non credo abbia niente a che fare con la loro provenienza: ragazzi del Cambridgeshire che si sono incontrati nella grigia Leeds (come se affiancare il colore grigio ad una città inglese avesse un valore..), dovrebbero non avere problemi con la lingua inglese
Anyway, stiamo parlando degli Alt-J (∆), conosciuti grazie al sempreverde Later.. with Jools Holland che affida ai quattro pochi minuti del suo tempo per farli conoscere al grande pubblico. L’effetto è interessante: una band il cui album è uscito nella primavera scorsa ed è passato semi-inosservato ai più, adesso sembra proiettare la band nel purgatorio delle potenziali star del futuro. Ne parlano in molti, e li mettono come candidati alla vittoria finale del “BBC sound of 2013” e vincitori al Mercury Prize (l’anno scorso vinsero The XX). A noi di TRISTE© piacciono molto, e giusto per loro abbiamo fatto un’eccezione, quella di recensire un album che non era fresco di release, sicuri che ne valesse la pena.
Parliamo dell’album? Molto spesso io preferisco le band americane a quelle inglesi, proprio per il fatto che ritrovo nelle prime un approccio più diretto, scarno, alla musica pop, ma niente al mondo ha il carattere pop delle band inglesi, e questo disco ne è un’ulteriore prova. Questo album è essenziale, ma completo, ci si sentono dentro tutte le influenze del caso: da Django Django (l’incipit di “Fitzpleasure”) a The XX (“Something Good”), senza dimenticare una dose di sperimentalismo stile Islet (“Dissolve me”) in cui spesso trova spazio anche un cantato semi-onirico à la Fleet Foxes.
Dicono che l’album sia stato frutto di cinque anni di lavoro (mi auguro assiduo), lo speriamo davvero perchè altrimenti non si spiegherebbe come quattro pischelli riescano a mettere assieme un prodotto del genere in cui veramente si intravede una maturità degna di una band al terzo album. Per me è stata dura, dopo il concerto dell’Uomo più alto del mondo, riabituarmi a musica che non fosse una chitarra e venti mani, a loro il merito di averlo reso facile. Voto: 9. I primi 30 secondi di Fitzpleasure, quando da 0:23 mi vien voglia di saltare come fossi a un concerto dei Modeselektor.
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