Ieri pomeriggio ho pianto, credo sia stata colpa dell’alcool. A ripensarci bene, sono sicuro sia stato quello il motivo. Avevo appena lasciato casa del mio migliore amico, ero passato a salutarlo sapendo benissimo che lo avrei rivisto solo dopo qualche mese. Può essere sia stata colpa di Jordan Lee, della giornata uggiosa, del sentirsi (in fondo) lontani dal tempo, i luoghi, le abitudini che ti riempiono il cuore e l’ippocampo.
Oggi, di conseguenza, ho aperto soundcloud ed ho virato deciso verso lidi più caldi e spensierati: l’emisfero australe (leggasi Australia per i pignoli). Ho scoperto i Fever Pitch.
Questo trio australiano di Brisbane, la cui storia ricalca il più classico dei racconti, si è formata dietro i banchi di un liceo, un po’ come quella volta in cui il compagno di banco si chiamava John e il soggetto del racconto Paul (non sono nomi fittizi, anche se il Paul della storia potrebbe esserlo).
Il loro sound ricorda molto gli Strokes, soprattutto nel singolo più recente Memories, in cui i cambi di ritmo sono eccezionali, così come le melodie e i suoni che sono ridotti all’essenza ma perfettamente funzionali allo scopo; It’s In My Veins, è invece un classico pezzo indie, che strizza l’occhio agli Arctic Monkeys mentre le chitarre guardano verso i primi lavori dei Bloc Party e tutto il British Indie in generale. Poi arriva il pezzo che mi convince del tutto: The Way We Are at Night, un pezzo che sembra frutto di Casablancas e soci ma con un “Scandinavian Touch” che lo rende veramente “poppy”, fra le righe, ma (qui si svela la loro bravura) mai troppo prevedibile. Un po’ come un pianto alle cinque del pomeriggio.
Ci sono amicizie che non si affievoliranno mai, spesso nascono dai banchi del liceo, spesso sono alla base di progetti meravigliosi, di litigate, di nuove partenze e nella maggior parte dei casi, è l’alcool a svelarne la natura più intima.
Ah, davvero bravi questi Fever Pitch!
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