Non esiste forza più grande della passione. Noi italiani lo sappiamo bene, passionali per natura, pragmatici per evoluzione. E devo dire che spesso mi succede di essere preso in spirali che hanno poco di passionale, ma purtroppo compongono quell’ordinaria amministrazione che costituisce gran parte delle nostre vite.
Era un modo come l’altro per dire due cose: oggi non sono riuscito a finire la recensione in tempo per pubblicarla a causa di impegni di lavoro e soprattutto, a volte, mi dimentico la caratteristica che dovrebbe accomunare tutti i musicisti ed il loro approccio nel creare musica. Pragmatismo contro Passione.
Questa distinzione sembra essere per Cosmo una cosa naturale. Artista a tutto tondo e polistrumentista, prende ispirazione da musiche orientali come quelle mongole (la madre è un’esperta di cultura mongola) e campiona suoni stranissimi come quelli delle ossa spezzate nei mattatoi (ipse dixit).
Questo per dimostrare come la passione possa spingere a fare cose che il pragmatismo mentale ritiene assurde. Ma non finisce qui. Cosmo è soprattutto un creativo delle melodie, le sue trame elettroniche trasportano in un altro mondo, un mondo parallelo in cui ritmiche dubeggianti sposano alla perfezione liriche dalla ritmica rap, coretti gospel e fraseggi a cappella come nel suo ultimo singolo The Moss.
Io l’ho scoperto grazie ad un live a Bethnal Green, era colui che apriva ai Mutual Benefit: non potrei aver mai e poi mai chiesto di meglio.
Il cuore ha le sue ragioni che la ragione non conosce. O qualcosa di simile.
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