Quando si hanno poche cose da dire è perché si vive regolarmente senza intromissioni di contro-regole.
Quando la tua vita è uno spostamento tra tre piccoli luoghi geografici italiani le cose non cambiano molto (solo la lingua del volgo cambia). Quando si vorrebbe avere una vita a metà tra le avventure di Indiana Jones e il Diario di Bridget Jones (solo ora noto l’omonimia del cognome), ma gli ostacoli principali sono le vertigini, il non sopportare insetti mortali, il non saper gestire molti maschi nello stesso tempo, allora semplicemente (e questo non implica direttamente l’accontentarsi) prendi atto che il volere una visione romantica della vita non è direttamente proporzionale al poter averla.
E il rischio è quello di creare un cerchio in cui tutto si ripete. Il cerchio, però, è una figura geometrica perfetta.
Vorrei poter raccontare cose strabilianti (perché ormai siamo tutti un pò americani nella descrizione delle esperienze che vanno dal “fantastico” al “wow”) ma restando italiana cerco di usare tutta la scala dei valori qualitativi (dal normale al meraviglioso/sublime). E volendo parlavi delle ultime cose che mi sono accadute useri l’aggettivo “interessante”. Però vi parlo di altro perchè questa non è una pagina della rubrica di Bridget Jones.
Io ho una casa dove poter sempre far ritorno e dove c’è tutto e niente di quello che vorrei fosse lì per non dover andare più altrove. Non sto vivendo come una vagabonda ma con un senso di spaesamento che si traduce in voglia di casa (certo prima o poi comprerò anche io il classico zerbino con la classica scritta home sweet home).
Chi invece può raccontare molto della sua giovane vita è Laetitia Tamko, che raccontando il suo viaggio continentale (dalla sua Africa, Camerun, all’America Settentrionale, New York) canta la case, gli spazi e la diversità dei popoli.
Non so se nell’alter ego della Tamko, Vagabon (la mancata “d” finale toglie il reale significato al termine originale che si esprime ugualmente nel gioco di parole), ci sia un senso di nostalgia profonda per la terra natale, ma credo che ci siano anche le possibilità avute dalla nuova terra ospitante.
Infinite Worlds (Febbraio 2017) dà nome all’opera prima della Tamko ed è chiaro il senso del titolo che riassume in sé la visione dei mondi così distanti tra loro e al tempo stesso fonte d’ispirazione originale trasmessa oralmente negli otto brani componenti questo LP.
L’uscita dell’album è stata anticipata a piccole dose nei due anni precedenti, ma ora possiamo gustare la narrativa di Vagabon senza interruzioni, come un flusso continuo in cui l’anima mista a sensazioni vissute diventa per noi una piccola realtà.
Brani come Fear and Force, Alive and A Well dicono al meglio l’intenzione artistica della Tamko. E a stupire è la sua voce, protagonista più della musica.
Non aggiungo altro perchè io a differenza di Laetitia non sono una “Vagabond”, anche se a volte mi piacerebbe.
Pingback: TRISTE © #Marsiglia – Top 10 2017 | Indie Sunset in Rome