Kali Uchis – Isolation

Giacomo Mazzilli per TRISTE©

Nel pieno dei miei 4 anni spesi a studiare le neuroscienze (in particolare la psicofisica della percezione visiva), ho avuto la fortuna di passare un po’ di tempo in giro per il mondo a presentare le mie ricerche.

In particolare, ricordo con piacere le due volte in cui passai del tempo in Florida, nella più importante conferenza del settore a Naples (VSS), dove non esistono pizzerie decenti e tutto è progettato per permettere alla gente di utilizzare il servizio “Drive”: la farmacia drive, Wendy’s drive, bancomat (ATM) drive, Walmart drive.

Cercherò i servizi igienici drive la prossima volta. 

Le cosa più interessante però, a dispetto delle centinaia di presentazioni di luminari del settore, era l’etologia dei Nerd: gente che si presentava a Miami con sandali da scienziato e calzettoni alla tedesca, nasi spalmati di creme protettive, cinture ascellari a definire il limite delle loro camicie a quadri.

Alcuni, veri “cool”, si presentavano addirittura in infradito e costume da bagno a presentare i loro lavori; altri mostravano la loro abbronzatura da ciclisti con orgoglio. Io provavo ora tenerezza, ora pena, ora disagio, a seconda dell’orario, dei caffè ingurgitati e del tasso alcolemico. (NOTA BENE: ho evitato di parlare del party che organizzavano il venerdì sera per rispetto del settore).

Miami é un pezzo sinuoso, contro-tempo e affascinante dell’esordio di Kali Uchis. Un LP che sorprende per la vastità di emozioni che genera. Ho sentito dire che molti la paragonano ad Amy Winehouse e riesco a comprenderne i motivi. Non so se Amy avrebbe mai avuto il diritto di essere recensita qui su TRISTE©, non so nemmeno se Kali Uchis lo abbia (tendenzialmente no – Vieri).

Ma quando ascolto pezzi come Flight 22, il mio cuore si scioglie, come ieri sera dopo il gol di Payet, e subito dopo si rimette a posto con Your Teeth In My Neck e tutte le immagini personali che ne conseguono (che chiaramente non includono Payet, ndr).

Quello che vedo come un mezzo passo falso, è Nuestro Planeta, ma forse perché ogni volta che sento cantare spagnolo, mi sento come Ricky Gervais che si fa il bagno (guardate il suo ultimo show Humanity e forse capirete di cosa parlo).

Subito dopo passiamo al pezzo che fa perdere la testa, come i macarons al Foie Gras di Pierre Hermé, la focaccia al carbone di Pierre Ragot, i brodini di Bertrand Grebaut: si chiama In My Dreams ed è una canzone meravigliosamente scritta assieme a Damon Albarn.

Quello che, nel tempo, ha mostrato un eclettismo, una competenza ed una contemporaneità che dovrebbero fare vergognare tutti quelli che lo mettevano in competizione coi fratelli Gallagher. Un po’ come il Napoli di Sarri e la Juve di Allegri (scegliete voi chi è chi e scrivetemelo in privato cosi che possa fare un filtro dei miei amici).

Parlare di Kali Uchis su TRISTE© è un po’ come portare un neuroscienziato in Florida: è fuori luogo. Ma non per questo bisogna smettere di farlo, perché la vita non è fatta solo di tramonti, ma di albe e mezzogiorni. Come direbbe Platone: uscite dalla caverna.

Approfittatene.

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