Vieri, spesso, mi prende in giro dicendo che mi sono fermato al 2005. Ed anche se a volte cerco di sorprenderlo con Kali Uchis, Maria Antonietta e tanti altri, devo ammettere che, spesso, ha ragione.
Ma non mi sono fermato al 2005, bensì al 2007, anche se nella mia collezione di vinili ci sono Illinois, Silent Alarm, I’m Wide Awake It’s Morning ed Alligator, a confermare la sua accusa piuttosto che la mia incolpevolezza.
Ad ogni modo è stato il 2007 l’anno in cui tutto si è fermato: ho deciso di lasciare Firenze per andare a vivere a Londra. Lo feci rifiutando di restare a lavorare dove avevo appena finito di fare il mio master, per cercare fortuna nell’incognito. Stessa cosa un anno dopo, quando decisi di andare a vivere a Birmingham, e poi tre anni dopo, quando tornai a Londra, e poi tre anni fa quando decisi di venire a vivere a Marsiglia.
Sarah Tudzin è una producer, mixer, engineer che, da buon topo di studio discografico, ha fatto le fortune di molti artisti più o meno conosciuti, e quando si guarda il suo curriculum, verrebbe da pensare a qualcuno sulla quarantina. E anche quando si passano le tracce di questo abum d’esordio condito di Indie-rock, pop e surf, verrebbe da pensare a qualcuno con molto più esperienza, e invece no: ci troviamo semplicemente di fronte al lavoro encomiabile di una ragazza entusiasta.
Ho adorato subito (You’re better) Than Ever, cavalcata irresistibile di 2:20 sull’autoanalisi di qualcuno a cui rode che il suo/a ex sia, adesso, better than ever; cosi come Paying Off the Happiness – anche in questo caso 2:30 circa, in cui da buona venticinquenne, parla di come pagare debiti emozionali e non. Ma l’album è pieno di tante altre sorprese che sono trainate dalla qualità della produzione ( vi ho parlato del suo ruolo di producer/mixer/engineer?), e dalla sincerità dei testi, che accarezzano temi più personali: Sarah, please, keep in mind everything’s temporary in For Cheez (My Friend, Not the Food), o come quando con la sua attitudine spiega di come la pazienza sia inutile, a painful gift, in Patience.
Quando l’album sta per finire le proprie energie, ecco ancora Pressed 2 Death a ritrovare il sarcasmo perduto: You only want me when I’m feelin’ bad And now I’m feelin’ so bad. Prima che tutto si chiuda con l’intensa Declutter.
Quando guardo indietro al 2007 vedo un ragazzo di 26 anni con tanto entusiasmo, tanta voglia di fare e la certezza di poter sempre cadere in piedi. Se perdere la razionalità, rimettere tutto al pragmatismo, accettare ogni sfida ha un rovescio della medaglia, ad oggi, credo sia non perdere mai quell’entusiasmo, e ne vado fiero. Con le mie Kali Uchis, le mie Maria Antonietta, le mie Illuminati Hotties.
In fondo hai ragione tu, Vieri.