Chime School – Chime School

Tiziano Casola per TRISTE©

Contrariamente a quando ero ragazzino non provo oggi più alcun interesse nell’andare ad informarmi sulla storia che si nasconde dietro un disco o una band (raccolgo già informazioni precise tutti i giorni per le mie ricerche dottorali, dunque non ne ho alcuna voglia di farlo nel tempo libero), ma ho una sensazione riguardo questo album a nome Chime School.
Andiamo a verificare su Google e… sì, ok, ci ho preso, bene!
Chime School è il progetto solista di Andy Pastalaniec, in passato membro di varie band californiane e via dicendo.
Non c’è nulla di male nel farsi le canzoni da sé, sia chiaro, anzi un tempo questo approccio mi piaceva molto. Solo che, ecco, in un mondo in cui i progetti musicali somigliano sempre più a profili social, riesco solo a desiderare i gruppi, le band.
Le band come ultima traccia di un’epoca senza smartphone, senza prosumer e in cui si suonava più che altro insieme agli altri. Nel bene e nel male, con annesse tutte le litigate e le insoddisfazioni di rito, ma almeno si aveva la certezza di un’interazione.

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Grand Drifter – Only Child

Francesco Amoroso per TRISTE©

It’s Ok To Cry.

A volte, ascoltando un album, ho la sensazione che, con un po’ di concentrazione, riuscirei a indovinare con una certa accuratezza la collezione di dischi del loro autore, purché, naturalmente, le canzoni e gli arrangiamenti rispecchino in maniera genuina e sincera l’animo di chi le ha scritte.

Se dovessi fare un esperimento del genere con artisti (?) mainstream e superprodotti, tutt’al più, potrei capire a quali fonti hanno deciso di attingere, quale genere o filone musicale vogliono seguire, ma dubito che comprenderei i loro personali gusti musicali, le canzoni che fanno battere il loro cuore.
Con un artista come Andrea Calvo, in arte Grand Drifter, invece, sono convinto che difficilmente potrei sbagliarmi.

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Nation of Language – A Way Forward

Francesco Giordani e Francesco Amoroso per TRISTE©

F.G. Carissimo Francesco A.,
ti scrivo perché è successo di nuovo. L’anno scorso furono i Choir Boy. Quest’anno i Nations of Language. Uno dei più intrinsecamente inglesi fra i “generi” musicali, ovvero il synth pop, trova in America una band in grado di iniettare nuova linfa vitale nelle sue fibre sonore logorate dai decenni.
La cosa mi sorprende non poco: in un Regno Unito sempre più intrappolato da demoni e ataviche paure, le giovani indie-band (con qualche più che discreta eccezione, ultima in ordine di tempo i W.H. Lung, per fare un nome) si lasciano sedurre da sbocchi noise-hardcore o arditi avanguardismi con un che di informale/concettuale, eleggendo a spirito guida la più americana (e dissonante) della band post-punk britanniche, vale a dire i Fall.
Come se da quelle parti si fosse smesso di credere nel potere redentivo della grande melodia, nella forza luminosa del grande melodramma pop, nella gloria universale dei ritornelli e delle “arie” scolpite nell’eternità.

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Richard Dawson & Circle – Henki

Tiziano Casola per TRISTE©

Proprio l’altro ieri mi trovavo ad un incontro con Edoardo Albinati, lo scrittore, che parlava del suo La Scuola Cattolica, il mattone-capolavoro che gli è valso qualche anno fa il premio Strega.
Si trattava di un evento relativo alla giornata internazionale contro la violenza sulle donne, dunque si parlava degli aspetti del romanzo più consoni all’occasione, che poi del libro sono le tematiche portanti.
Queste però, con i motivi per cui mi piace tanto il disco di Richard Dawson con i Circle non c’entrano nulla.
C’entra invece un altro aspetto del romanzo di Albinati, completamente marginale, ma per me essenziale: il momento in cui l’autore, classe 1956, dovendo parlare dei maschi degli anni Settanta, non può non esplicitare l’ossessione della sua generazione per i Genesis e per il progressive rock inglese.

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Alex Pester – Lover’s Leap

Francesco Amoroso per TRISTE©

La gioventù è quel momento della vita di una persona che si colloca tra due momenti fondamentali: l’infanzia e l’età adulta. E’ una definizione vaga e non è possibile stabilire una data d’inizio e una di fine per questo periodo dell’esistenza che, quasi sempre, si rivela decisivo per la formazione della personalità. Una volta i confini erano più chiari, esistevano riti di passaggio che definivano i vari momenti della vita, ma la società moderna, laicizzandosi e diventando sempre più basata sull’individuo, ha progressivamente abbandonato i riti di iniziazione.

Oggi si può essere considerati (o ci si può sentire) giovani fino a cinquant’anni, oppure divenire adulti a venti, a seconda delle circostanze e delle attitudini personali.
E’ per questo motivo che nel raccontarvi di Alex Pester tenterò, per quanto mi è possibile, di usare il meno possibile il termine “giovane”.

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