Dopo lo splendido concerto di giovedì, al Circolo degli Artisti arriva un altro pezzo di storia della musica contemporanea. Io sono ancora tagliato fuori dal mondo a causa di Fastweb e quindi vi scrivo da una connessione di fortuna (grazie Teresa).
Mark Kozlek/Sun Kill Moon per la prima volta a Roma. C’eravamo anche noi. Eccovi la nostra recensione TRISTE©.
Come per Neil Halstead, anche con Mark Kozelek ci troviamo di fronte ad un mostro sacro: dall’inizio con i Red House Painters per passare al progetto Sun Kill Moon/solista e alle sue molteplici collaborazioni, Mark ha segnato più di vent’anni di musica con la sua chitarra, la sua voce e le sue storie.
Storie di amori, amici, parenti e lavoro. Storie che potrebbero essere inserite senza sfigurare in una certa tradizione del romanzo Americano. Perchè con Mark Kozelek di questo si parla: degli Stati Uniti e delle sue persone.
Ma soprattutto si parla di lui, come nel suo ultimo lavoro a nome Sun Kil Moon uscito quest’anno, Benji (di cui vi abbiamo parlato qui), in cui i legami del cantautore con la sua famiglia e i suoi affetti sono al centro di un disco di grandissima qualità.
Qualità che contraddistingue l’intera produzione di questo songwriter, che avrebbe di che riempire uno show di 5 ore di musica di altissimo livello. Questa sera invece, chitarra e voce, suona “solo” poco più di due ore, concentrandosi sui lavori più recenti.
Ed è così che apre il concerto con Black Kite ed Elaine tratte dal bellissimo Among The Leaves (2012), per poi spostarsi su Benji e tutte le sue fitte storie di vita vissuta (interessante a proposito questo glossiario fatto da Pitchfork, che ogni tanto si ricorda di prendersi un po’ meno sul serio). E sono così le belle canzoni dedicate alla madre ed al padre (quest’ultima interrotta perchè “non sta venendo bene”), Carissa e la toccante Ben’s My Friend, tra le altre, a segnare la prima oretta di concerto.
Poi Mark, tra un insulto ai fotografi, a chi gli chiede quando usciranno in vinile i suoi dischi e ad un po’ di lamentele per l’età che avanza, si sposta nuovamente verso il passato recente, pescando nei dischi registrati con Desertshore e Jimmy Lavalle (Perils from the Sea), entrambi dello scorso anno.
Katowice or Cologne, Caroline, By the Time That I Awoke, Gustavo, sono solo alcuni dei pezzi che il cantautore ci racconta con la sua voce profonda e la sua chitarra. Poi torna ad Among the Leaves e quando suona The Moderately Talented Yet Attractive Young Woman… è un colpo al cuore, concentrato di delicatezza e malinconia. Poi esce per un attimo e torna, per un breve bis dove spicca la bellissima Tavoris Cloud.
Più di due ore di concerto. Quando finisce è come uscire da un’immersione. Un’immersione nelle splendide storie di questo artista che ha saputo in tutti questi anni mantenere sempre un livello altissimo di composizione, puntanto sì sui testi ma senza mai dimenticare l’aspetto “sonoro” delle proprie canzoni.
P.S. Per rispetto della volontà dell’artista non abbiamo fatto nè foto nè video. Anche perchè altrimenti ci avrebbe insultato a sangue. E tanto senza connessione internet avrei avuto difficoltà a caricarli su you tube.
un caldo incredibile
Si. Ma ne è valsa la pena
Pingback: Sun Kil Moon @Auditorium Parco della Musica, Roma – 8/6/2015 | Indie Sunset in Rome