Will Stratton – Rosewood Almanac

Vieri Giuliano Santucci per TRISTE©

Il bello della musica è che la ritrovi quando meno te l’aspetti.

Qualche tempo fa ero a Bordeaux (città bellissima) e mi aggiravo con la mia solita ansia, questa volta motivata dal fatto che a breve avrei dovuto sostenere il “viva” per il mio PhD (perchè fossi a Bordeaux per sostenere un viva dell’Università di Plymouth è altra storia).

Entrai in un piccolo (e non troppo fornito) negozio di dischi, e sbirciando distratto mi capitò sotto mano un disco che tanto avevo apprezzato, Grey Lodge Wisdom.

Certo col senno di poi non era poi così strano trovare quel disco, visto che la Talitres, con cui Will Stratton aveva pubblicato quel disco (e il precedente Post-Empire), è un’etichetta di Bordeaux. Ma comunque in quel momento fu per me una bella sorpresa, che mi aiutò a mitigare lo stress.

Ora Will Stratton ha cambiato etichetta, ed ha pubblicato il suo primo album per la prestigiosa Bella Union lo scorso 12 Maggio. Rosewood Almanac, sesto album dell’artista statunitense, prende il nome dal palissandro (rosewood, appunto), il legno che Will preferisce per le sue chitarre acustiche. E, come sempre, la chitarra acustica gioca un ruolo centrale, insieme alla voce, nelle canzoni del musicista di origini californiane.

Ancora una volta Stratton è capace di toccare le corde più delicate dei sentimenti, accompagnando l’ascoltatore con raffinatissime melodie, a volte splendidamente sottolineate dagli archi come in Whatever’s Divine o Some Ride.

Forse più che ne dischi precedenti, il gusto pop di Will Stratton è messo in evidenza. La cosa è chiara già dal pezzo che apre Rosewood Almanac: Light Blue potrebbe reggere benissimo nelle vesti di una scarna ballad folk ma, pur conservandone intatta l’anima, si abbellisce con svariate “colorazioni” che la rendono più piena e particolare.

Sempre capace di danzare sul filo della malinconia (Vanishing Class, Skating on the Glass), Stratton è in grado di regalarci anche momenti estremamente positivi. Come nell’ottima Manzanita, dove la crescita (o meglio, l’invecchiamento) è raccontata come un processo entusiasmante.

Ancora una volta questo artista ci consegna un album, a suo modo, perfetto che ha come unica “pecca” il rischio di passare inosservato a causa della sua estrema pacatezza e raffinatezza.

Ma come accade con le cose belle, lascerà un segno che sarà piacevole riscoprire negli anni a venire. Magari in una piccolo negozio di dischi di una città straniera.

2 pensieri su “Will Stratton – Rosewood Almanac

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